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martedì 16 ottobre 2012

D’Alema rimette la sua candidatura al partito (sic!) e il “libro bianco” sulla corruzione ci dice cosa saremmo senza. Un altro mondo, in tutti i sensi.



Certo che la decisione di Vuolter Veltroni di non ricandidarsi ha spiazzato un po’ tutti. Maximo D’Alema in primis, che ora si trova nella scomoda posizione di dover risolvere il dilemma se continuare (e a chiederglielo dovrà essere il partito) o se decidere di iniziare a fare i conti con la misera pensione di ex-parlamentare, ex-ministro, ex-presidente del consiglio e presidente del Copasir. Il fatto è che non vediamo all’orizzonte nessuno che, all’interno del Pd, possa chiedergli di farsi da parte. Maximo è un personaggio talmente ingombrante che forse è meglio tenerselo buono piuttosto che iniziare un duello del quale non si conosce l'esito finale. La fregatura, per chi vorrebbe metterlo su una barca senza bussola e poche provviste, è che sembra non si ricandidi neppure il suo amico del cuore, quel Silvio Berluspony che nei momenti più bui, memore degli antichi favori, lo ha sempre aiutato a sbarcare il lunario. E a proposito di tromboni, trombette e ammennicoli vari. Il governo ha pubblicato il “libro bianco” sulla corruzione, un’inchiesta-statistica che rende non più rinviabile quel provvedimento legislativo che il Pdl sta cercando di bloccare in ogni modo. La cifra complessiva della corruzione in Italia è pari a 60 miliardi di euro. E questo lo sapevamo, quello che colpisce, però, è il fatto che gli appalti costano allo Stato un buon 40 per cento in più. Questo significa anche che le grandi imprese perdono il 25 per cento del loro tasso di crescita e quelle più piccole arrivano, appunto, al 40. Il libro bianco, che sarà presentato ufficialmente il 22 ottobre, va oltre la semplice indagine statistica e prova a disegnare come sarebbe l’Italia senza la corruzione, con 60 miliardi in più nelle casse e imprese in crescita come profitti, investimenti e quindi occupazione. Il fatto che si potrebbero avere servizi migliori, una sanità migliore, infrastrutture consone, docenti non costretti a sopportare il peso di 300 studenti e 24 classi, beni culturali tutelati e quelli ambientali non devastati, dovrebbe convincere i parlamentari ad approvare di corsa il ddl Severino, e invece no. Ci chiediamo spesso cosa abbiano significato questi 25 anni di follia collettiva nei quali il berlusponysmo ha imperato, prima come modello di vita e di sviluppo e poi come modello politico, e non esitiamo a dire che, senza tutto questo, ogni cosa sarebbe stata diversa. Anche la dignità.

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