Certo
che la decisione di Vuolter Veltroni di non ricandidarsi ha spiazzato un po’
tutti. Maximo D’Alema in primis, che ora si trova nella scomoda posizione di
dover risolvere il dilemma se continuare (e a chiederglielo dovrà essere
il partito) o se decidere di iniziare a fare i conti con la misera pensione di
ex-parlamentare, ex-ministro, ex-presidente del consiglio e presidente del
Copasir. Il fatto è che non vediamo all’orizzonte nessuno che, all’interno del
Pd, possa chiedergli di farsi da parte. Maximo è un personaggio talmente
ingombrante che forse è meglio tenerselo buono piuttosto che iniziare un duello
del quale non si conosce l'esito finale. La fregatura, per chi vorrebbe metterlo su
una barca senza bussola e poche provviste, è che sembra non si ricandidi
neppure il suo amico del cuore, quel Silvio Berluspony che nei momenti più bui,
memore degli antichi favori, lo ha sempre aiutato a sbarcare il lunario. E a
proposito di tromboni, trombette e ammennicoli vari. Il governo ha pubblicato
il “libro bianco” sulla corruzione, un’inchiesta-statistica che rende non più
rinviabile quel provvedimento legislativo che il Pdl sta cercando di bloccare
in ogni modo. La cifra complessiva della corruzione in Italia è pari a 60
miliardi di euro. E questo lo sapevamo, quello che colpisce, però, è il fatto
che gli appalti costano allo Stato un buon 40 per cento in più. Questo
significa anche che le grandi imprese perdono il 25 per cento del loro tasso di
crescita e quelle più piccole arrivano, appunto, al 40. Il libro bianco, che
sarà presentato ufficialmente il 22 ottobre, va oltre la semplice indagine
statistica e prova a disegnare come sarebbe l’Italia senza la corruzione, con
60 miliardi in più nelle casse e imprese in crescita come profitti,
investimenti e quindi occupazione. Il fatto che si potrebbero avere servizi migliori,
una sanità migliore, infrastrutture consone, docenti non costretti a sopportare
il peso di 300 studenti e 24 classi, beni culturali tutelati e quelli
ambientali non devastati, dovrebbe convincere i parlamentari ad approvare di
corsa il ddl Severino, e invece no. Ci chiediamo spesso cosa abbiano
significato questi 25 anni di follia collettiva nei quali il berlusponysmo ha
imperato, prima come modello di vita e di sviluppo e poi come modello politico,
e non esitiamo a dire che, senza tutto questo, ogni cosa sarebbe stata diversa. Anche la dignità.
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