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venerdì 2 novembre 2012

Sora Elsa bacchetta Marchionne. È finita l’epoca scapigliata del Capataz Sergio, il manager filosofo.

È la prima presa di posizione giusta da quando è ministra. Sora Elsa ha impiegato un po’ di tempo, ma alla fine ha capito che ogni tanto un po’ di full-immersion nella realtà non guasta. Perché lei, la ministra del Welfare, tutto sembra meno che una donna abituata a tenere sotto controllo il costo del pane, dell’olio e del latte. Sarà anche vero che non è a capo del Cipe, ma santiiddio è pur sempre una ministra della repubblica, e come tale una cittadina a tutti gli effetti anzi, di più. Sora Elsa bacchetta Marchionne e, se ci è concesso, è una notiziona, come quella del padrone che morde il cane. A parte la Fiom, finora nessuno aveva provato a contrastare il manager dei menager tanto che, bellamente, si era permesso di fare sempre e comunque quel che cazzo gli pareva. Era riuscito a tirare dalla sua parte anche quei gigioni di Raffaele Bonanni e di Luigi Angeletti, sindacalisti a tempo perso, e perfino fior di dirigenti dell’ex Pci, interessati a non guastarsi troppo i rapporti con Torino e la famiglia Agnelli, come Chiamparino e Fassino. Della simpatia di Matteo Renzi non parliamo perché ci viene da ridere, comunque il fatto è che Sergio, abile propagandista di se stesso, aveva tenuto tutti per le palle minacciando la chiusura degli stabilimenti Fiat in Italia e sventolando un investimento da 20 miliardi di euro. Avendo raggiunto solo il primo degli obiettivi che si era proposto, Sergio ha pensato di continuare comunque a fare i comodi suoi e, alla prima occasione, ha voluto dimostrare di che pasta è fatto, un uomo tutto d’un pezzo che non deve chiedere mai, meno che alla Federal Reserve, al presidente americano di turno, a quello serbo, brasiliano, polacco e perché no, anche alla UE, per la serie “è bellissimo fare il manager con i soldi degli altri”. Poi, però, il tribunale di Roma gli dice che non può cacciare dalla fabbrica di Pomigliano d’Arco 19 operai solo perché iscritti alla Fiom. Gli impone di reintegrarli a pieno titolo e lui che fa? Ne caccia 19 per rappresaglia che manco i peggiori dittatori del ‘900. È a questo punto che Sora Elsa si inalbera e, leggendo i giornali esclama: “Perdindirindina!” Chiama Sergio è gli dice chiaro e tondo che così non si fa anche se, per non compromettere del tutto i rapporti, si dice felice che abbia deciso di non chiudere gli impianti italiani. Più netto, anche se apparentemente più distaccato, Corrado Passera: “Quello che ha fatto la Fiat non mi piace”, ha detto il ministro dello Sviluppo, una frase che, per assurdo, è molto più cattiva di quella di Sora Elsa. È un segnale, né forte né inequivocabile, che forse qualcosa si muove, che le regole non possono sempre essere eluse, che in tutti i campi, compreso quello dei rapporti sociali, un po’ di correttezza non guasta mai. A proposito, dopo l’intervista a Report, Tonino Di Pietro è alla prese con una fronda interna da far tremare le vene ai polsi. Ma di questo parleremo domani.

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