La
sentenza della Norvegia contro Anders Behring Breivik, il massacratore dell’isola
di Utoya, ha scandalizzato mezzo mondo per la “mitezza” della pena: solo 21
anni di carcere, il massimo previsto nell’ordinamento di uno Stato che sa di poter
vincere ogni possibile sfida di civiltà. Per affibbiargli una condanna maggiore,
la Norvegia avrebbe dovuto cambiare il suo codice penale o, in alternativa,
dichiararlo “pazzo”, chiuderlo in manicomio e buttare la chiave. Il paese
scandinavo non ha fatto niente di tutto ciò. La corte presieduta dal giudice
Arne Lyngln, ha comminato semplicemente il massimo della pena dopo aver
dichiarato lo stragista “sano di mente”, riconoscendogli di fatto un ruolo
politico. In altre parti del mondo lo avrebbero prima torturato e poi fucilato,
gasato, sedia elettrizzato. Gli unici paesi al mondo dove sarebbe stato
considerato un eroe, forse, potevano essere il Cile di Pinochet, l’Iran di
Komeini, la Siria di Assad e il Texas di G.W.Bush, gli altri lo avrebbero
inviato direttamente in un manicomio criminale. I norvegesi no. Loro hanno un
senso della giustizia e del “recupero” sociale di un criminale che va al di là
di qualsiasi umana comprensione: nessun sovraffollamento, celle confortevoli, “case-lavoro”
e soprattutto impegno produttivo a tempo pieno. Il risultato è che solo il 12
per cento dei condannati (fra i quali criminali veri) torna a delinquere, l’altro
88 torna a svolgere compiti socialmente utili e da liberi. Cos’è accaduto
dunque a Oslo? E’ successo che Breivik è stato considerato un criminale
qualsiasi e, pertanto, non degno di nessuna “stretta” giudiziaria. Subirà
esattamente la stessa sorte di altri condannati a 21 anni, verrà ospitato in
una cella confortevole e, per la prima volta in vita sua, lavorerà. La Norvegia
gli ha riconosciuto un ruolo politico ed ha accettato la sfida non cambiando
nulla di se stessa né ricorrendo a misure straordinarie. L’unico momento di
stizza del giudice Liyngln c’è stato quando Breivik, dopo la lettura della
sentenza, ha dichiarato di averne uccisi pochi e ha chiesto scusa al suo gruppo
integralista per essere stato troppo mite. Ma un gesto di stizza non toglie
nulla al senso di un provvedimento emanato da un tribunale di una nazione che sa che la
violenza non si combatte con la violenza, né fisica né psicologica. Bella
lezione di civiltà per altre "culle" di civiltà ben più antiche di quella
norvegese o semplicemente più famose.
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Secondo me, con un piccolo artifizio, si sarebbe potuto neutralizzarlo per sempre: condanna si a 21 anni, ma per ogni vittima (21x77=1617)
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