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sabato 25 agosto 2012

Anders Breivik. Se lo Stato accetta una sfida di civiltà sapendo di vincerla.

La sentenza della Norvegia contro Anders Behring Breivik, il massacratore dell’isola di Utoya, ha scandalizzato mezzo mondo per la “mitezza” della pena: solo 21 anni di carcere, il massimo previsto nell’ordinamento di uno Stato che sa di poter vincere ogni possibile sfida di civiltà. Per affibbiargli una condanna maggiore, la Norvegia avrebbe dovuto cambiare il suo codice penale o, in alternativa, dichiararlo “pazzo”, chiuderlo in manicomio e buttare la chiave. Il paese scandinavo non ha fatto niente di tutto ciò. La corte presieduta dal giudice Arne Lyngln, ha comminato semplicemente il massimo della pena dopo aver dichiarato lo stragista “sano di mente”, riconoscendogli di fatto un ruolo politico. In altre parti del mondo lo avrebbero prima torturato e poi fucilato, gasato, sedia elettrizzato. Gli unici paesi al mondo dove sarebbe stato considerato un eroe, forse, potevano essere il Cile di Pinochet, l’Iran di Komeini, la Siria di Assad e il Texas di G.W.Bush, gli altri lo avrebbero inviato direttamente in un manicomio criminale. I norvegesi no. Loro hanno un senso della giustizia e del “recupero” sociale di un criminale che va al di là di qualsiasi umana comprensione: nessun sovraffollamento, celle confortevoli, “case-lavoro” e soprattutto impegno produttivo a tempo pieno. Il risultato è che solo il 12 per cento dei condannati (fra i quali criminali veri) torna a delinquere, l’altro 88 torna a svolgere compiti socialmente utili e da liberi. Cos’è accaduto dunque a Oslo? E’ successo che Breivik è stato considerato un criminale qualsiasi e, pertanto, non degno di nessuna “stretta” giudiziaria. Subirà esattamente la stessa sorte di altri condannati a 21 anni, verrà ospitato in una cella confortevole e, per la prima volta in vita sua, lavorerà. La Norvegia gli ha riconosciuto un ruolo politico ed ha accettato la sfida non cambiando nulla di se stessa né ricorrendo a misure straordinarie. L’unico momento di stizza del giudice Liyngln c’è stato quando Breivik, dopo la lettura della sentenza, ha dichiarato di averne uccisi pochi e ha chiesto scusa al suo gruppo integralista per essere stato troppo mite. Ma un gesto di stizza non toglie nulla al senso di un provvedimento emanato da un tribunale di una nazione che sa che la violenza non si combatte con la violenza, né fisica né psicologica. Bella lezione di civiltà per altre "culle" di civiltà ben più antiche di quella norvegese o semplicemente più famose. 

1 commento:

  1. Secondo me, con un piccolo artifizio, si sarebbe potuto neutralizzarlo per sempre: condanna si a 21 anni, ma per ogni vittima (21x77=1617)

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