L’idea
del ministro Balduzzi non è peregrina. Maxi ambulatori (parecchi esistono già) con
dentro i medici di famiglia che, a turno, assicurino ai cittadini un’assistenza
24h, costituiscono un salto all’indietro nel tempo e nelle abitudini di un
paese bisognoso di cure, come era quello uscito dalla guerra e che stava vivendo il boom economico. A noi ricorda la romantica figura del medico condotto
che, in barba a tutte le condizioni atmosferiche, si alzava di notte, inforcava
la motocicletta e andava in campagna a curare una colica, un’emicrania
vomitosa, il raffreddore dei bambini e, giacché ci si trovava, anche la vacca e
il mulo dopo aver lanciato un’occhiata al gallo e ai conigli. Niente più corse
affannose al pronto soccorso quindi, niente più telefonate disperate al 118 né
sgommate notturne con tanto di fazzoletto bianco tenuto fuori dal finestrino,
in caso di bisogno si chiama l’ambulatorio e, anche se il medico di famiglia
non c’è, ci saranno colleghi che potranno attingere alla banca dati del
paziente spazientito dall’attesa. Non solo. Per i malati cronici, i medici dei
maxi-ambulatori si trasformeranno in una specie di diario perpetuo, visto che
si assumeranno l’onere di avvisarli quando dovranno effettuare controlli
periodici o sottoporsi a visite previste dalle patologie. In questo modo il cittadino dovrebbe
sentirsi più tutelato e, allo stesso tempo, i medici del pronto soccorso
potranno finalmente terminare a Pasqua, quella partita a briscola che avevano
iniziato giusto a Natale. C’è da dire che i medici di famiglia torneranno
finalmente a sentirsi medici e soprattutto utili, visto che il loro compito
attuale è quello di prescrivere ricette e indirizzare a visite specialistiche
anche il malato di emorroidi o di otite paralizzante a causa della Tromba di
Eustachio stonata. Potrebbe anche capitare di avere il gran culo di imbattersi
in un medico di turno che individui a primo colpo una devastante follicolite e
che non ci faccia spendere un patrimonio in pomate non solo inefficaci ma anche
pericolosamente inadatte allo scopo.
Chissà
perché a sollevarsi contro la tassa sul Chinotto è stato soprattutto il
centrodestra, al quale la Lega ha fatto immediatamente da megafono accodandosi
come sempre. Sembra quasi che l’alcol appartenga alla sola cultura di sinistra.
In parte è anche vero. Soprattutto il vino rosso è un bel simbolo d’appartenenza,
ma non ci sembra che i destrorsi siano tutti astemi o acqua tonica dipendenti. A
meno che non si prenda in considerazione la vecchia teoria secondo la quale
alla sinistra piace lo stato liquido mentre la destra propende decisamente per quello
polveroso, specie se bianco neve. Tutti sanno che a Piergigi Bersani piace da
matti la birra, ma possibile che non gli sia mai venuto in mente di assaggiare
una folle “bicicletta”, quella bevanda che si ottiene aggiungendo alla birra la gazzosa
in proporzione 1 a 3? Ma a quali feste dell’Unità ha partecipato il Segretario?
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Mi piace infinitamente il tono che stai dando ai tuoi articoli. Sì, decisamente il miglior Massimo.
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