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martedì 15 gennaio 2013
Monti: “Berlusconi è un pifferaio magico”. Silvio: “Monti è un leaderino sotto choc. Vuole tassarmi anche il piffero”.
Addio
aplomb. Che Silvio ne fosse strutturalmente sprovvisto lo sapevano tutti, a sorprendere,
invece, è il Professore, che usa le parole come clave, e l’inglese per
offendere (scuola Fornero). Fra i due è guerra aperta perché, tutto sommato, si
rivolgono allo stesso elettorato di centro. A parte qualche pirla del Pd (le
liste siciliane ne sono piene), un elettore di sinistra non voterebbe mai né per
Silvio né per Monti. Al contrario, un elettore di centro potrebbe avere il
dubbio su dove far fluttuare la matita copiativa, nel segreto dell’urna, prima
di apporre il suo prezioso sigillo su un simbolo. Chi si sarebbe mai aspettato
che l’algido Professore apostrofasse il suo ex mentore politico chiamandolo “Vecchio
illusionista ringalluzzito”, che manco a Porta Portese? Che poi Silvio gli
abbia risposto, “Monti vuole tassarmi anche il piffero”, rientra invece nelle
regole del gioco e del lessico berlusconiano. A pensarci bene, l’idea di
tassare il piffero di Silvio non è così peregrina. Considerato che l’uso che ne
fa (beato lui!), 500 euro a botta sarebbero un’entrata fiscale niente male, un
imponibile dal quale detrarre ovviamente il costo delle Scapagnini Pill’s, e l’eventuale
busta paga di fine mese, divisa per 30. Silvio, che ha definito “una
mascalzonata” la gestione dello spread da parte del Professore, è tornato ad
attaccarlo soprattutto sulla linea di rigore che intende adottare per i
pagamenti in contanti e per il redditometro. Non ci sta proprio che non si
possano pagare in contanti 1000 euro e che ci si debba fermare a 999, e non ci
sta sul nuovo redditometro che, secondo lui, disincentiverebbe gli italiani
dall’effettuare qualsiasi acquisto, dalle case ai tablet, dai fuoribordo allo
champagne. Monti, da parte sua, è tornato sui temi di sempre. “Berlusconi è
stato una iattura, è impresentabile all’estero, ha aumentato l’imponibile
fiscale, l’idea dell’Imu è sua e poi - chiosa il Professore - non ha tempo per
governare, impegnato com’è a trombare a tutte le latitudini, mentre per le
longitudini si sta attrezzando”. Lo strabordante Silvio, che non ha rinunciato
a mettere il “Berlusconi presidente” sul simbolo elettorale, facendo incazzare
Bobo Maroni, che ha precisato “del Pdl”, forte dei sondaggi che danno Monti al
pari di Casini e di Fini, sa che questo è il momento per affondare i colpi
contro il Professore. Sa che strappargli voti è indispensabile per correre, da
vincente, al Senato e sa, soprattutto, che Monti è un osso duro che risponde
parola su parola ai suoi attacchi, facendosi forte del ruolo di premier che
ancora gli appartiene. È dai tempi di Bettino Craxi che un presidente del
consiglio non scende così pesantemente in campo, per molti aspetti non lo ha
fatto neppure Silvio, Monti invece lo fa, e il suo atteggiamento ci sembra un
moto dell’animo vicinissimo alla disperazione. Sul versante della sinistra, c’è
da registrare il veto di Enrico Letta a Dario Franceschini, per continuare il
dialogo con Antonio Ingroia. Ma veto o non veto, non si capisce per quale
motivo l’ex pm dovrebbe “desistere” dal presentare liste proprie al senato, in
Campania e in Sicilia. Il Pd, seguendo quella parte di dna democristiano sempre
più preponderante, sta candidando impresentabili. Da concussori ad accusati di
abuso d’ufficio, da protagonisti di voto di scambio a favoreggiatori di
conflitti d’interesse, le liste del Pd in Sicilia sembrano un variegato campionario
di mammasantissima in politica. Almeno Miccichè ci ha messo direttamente i
condannati (in primo grado).
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Quei due sprizzano simpatia da tutti i pori...
RispondiEliminaMarco