Translate

venerdì 15 febbraio 2013

Ieri solo un indagato e due fiancheggiatori arrestati. Il Pdl respira, anche se l'India vuole dichiarare guerra a Silvio.


Ieri un solo indagato nel Partito delle Libertà (loro), per altro di risulta. Nel mirino dei magistrati è finita Melania De Nichilo, moglie del produttore cinematografico Angelo Rizzoli, il devastatore di una delle più grandi famiglie di editori italiani. Angelo Rizzoli acquistò il Corriere della Sera per trasformarlo nella dependance della P2 di Licio Gelli perché già da allora, il Piano di Rinascita per l'Italia predisposto dal Gran Maestro della Loggia massonica segreta, prevedeva il controllo totale sull'informazione. Inutile dire chi ha portato avanti il progetto, ci verrebbe da ridere e offenderemmo la vostra intelligenza. L'accusa, per Angelo Rizzoli, è di bancarotta fraudolenta. Anche lui, come molti altri imprenditori italiani, aveva messo in piedi una rete di scatole cinesi, di società più o meno fantasma, con le casse vuote e la partita Iva in sonno. Società che funzionavano solo per eludere le tasse e incrementare i fondi neri della casa madre. Non ci sorprende, quindi, che la compagna di Rizzoli sia una deputata del Pdl perché la logica di quel partito, riaffermata ieri dal Capo supremo, è proprio quella di far cassa in barba alle leggi e in nome del libero mercato e della libera concorrenza. Se fossimo indiani, dopo quello che Silvio ha detto delle tangenti-prassi, dichiareremmo guerra all'Italia, perché sentirsi dare del “terzo mondo”, “democrazia incompiuta” e “acchiappa acchiappa” dal propugnatore dell'evasione fiscale totale, ci farebbe girare terribilmente le palle. Piergigi Bersani se l'è cavata con un “fermiamolo” che dice tutto e niente, mentre Mario Monti, dopo la marchetta elettorale di Schaeuble, ha incassato anche quella di Barack Obama, segno che il rapporto del console americano a Roma ha colto nel segno. La colpa? Di Nichi Vendola, ovviamente, il Majakovskij italiano che riempie di frasi poetiche i suoi interventi politici. Ma l'uscita improvvida di Berlusconi sulla bontà delle tangenti, ha causato l'insurrezione della Lega. Il popolo celtico non ci sta a schierarsi con un tangentista dichiarato e Bobo Maroni, per direttissima, ha preso le distanze dall'ennesima boutade del lasciamacerie. L'impressione è che se la Lega dovesse (fatto auspicabile) perdere la Lombardia, l'alleanza posticcia con il Capataz finirebbe dritta a naufragare nel Po. Umberto Bossi non aspetta altro per riprendere in mano il partito e continuare a comprare i giochetti per la Play Station di Renzo. Silvio lo sa e questa mattina, di buonora, è corso ai ripari smentendo nuovamente se stesso. Ha detto: “Le tangenti vanno punite”, un po' tardi per essere una opinione credibile ma sempre in tempo per i milioni di creduloni che ancora lo voteranno. Sempre più inguaiato, invece, il Celeste. Ora che sono caduti i veli sulle richieste di rinvio a giudizio per l'ex governatore della Lombardia, si viene a sapere di più su che personaggio sia Roberto Formigoni ma, soprattutto, si capisce per quale ragione, durante le sue lussuose vacanze, non pagasse neppure una brioche. Scrivono i giudici: “L'esame dei rapporti bancari svolto sinora, ha posto in evidenza come, pur in assenza di prelievi dai conti correnti, Formigoni avesse significative disponibilità di denaro del quale non è nota la provenienza”. E proseguono: “L'esame dei conti permette pacificamente di constatare come, di fronte a un elevato tenore di vita di Formigoni, non risultino, dall'analisi di ogni singolo conto esaminato, uscite o addebiti riconducibili a tali importanti spese, ma neppure conciliabili con le necessità quotidiane di una comune persona”. Insomma, il Celeste spendeva quotidianamente l'iradiddio, ma sui suoi conti correnti non figura neppure un prelievo. Per la serie, la moltiplicazione dei pani e dei pesci non avveniva solo con i pani e i pesci.

Nessun commento:

Posta un commento