A
memoria, l'Italia non ha mai vissuto un momento storico come questo.
Non c'è uno straccio di potere in grado di contare, di governare, di
comandare. Il Presidente della repubblica si trova nel cosiddetto
“semestre bianco”, ordinaria amministrazione e nulla di più. Non
può, ad esempio, sciogliere nuovamente le Camere. Un governo c'è, ma
è come se non ci fosse. Pensate, se a Mario Monti&Friend's
venisse in mente di fare un golpe, potrebbe farlo senza manco morti e
feriti e senza dover occupare la sede della Rai, ci sono già i suoi
colonnelli. Non c'è una maggioranza parlamentare. Ci sono solo tre
mini blocchi minoritari e, dall'aria che tira, non si vede come
possano convivere senza scontri frontali. Il presidente del Senato,
Schifani, c'è ancora, ma non ha nessun potere, sono cambiati i
senatori e la maggioranza, anche se ininfluente, ha il segno del
centrosinistra. Il presidente della Camera, Fini, c'è ancora ma non
può battere un colpo, non è stato manco rieletto. Per colmo della
sfiga, da domani sera alle 20,00 non ci sarà più neppure il Papa
che, uno dice, se proprio dovesse andar male, potrebbe anche fare il
commissario straordinario dell'Italia. Insomma, il vuoto assoluto. E
non è detto che sia un male. La Costituzione dice che, dopo le
elezioni politiche, ci sono dei passaggi istituzionali da fare, non
rinviabili, anzi, necessari. C'è da insediare le nuove Camere, e
tutti sappiano come saranno composte. Ci sono da nominare il nuovo
presidente del Senato e il nuovo presidente della Camera dei Deputati
prima di iniziare qualsiasi attività. Le nomine della seconda e
della terza carica dello Stato, saranno sottoposte necessariamente al
vaglio del M5S. Volete vedere che, da tempo immemorabile, un
inquisito o semplicemente un sospettato, non sarà né presidente del
senato né della camera? E che gli eletti saranno personaggi
irreprensibili? E dire che la seconda carica dello Stato è ambita
nientepopodimeno che da Silvio Berlusconi. Subito dopo, le nuove
Camere, dovranno procedere all'elezione del Presidente della
Repubblica. Giorgio Napolitano è in scadenza e, al contrario dello
yogurth, lui è durato sette anni invece di tre giorni. Poi si potrà
parlare di governo e allora sì, che ne vedremo delle belle. Ieri,
abbiamo seguito molto attentamente le conferenze stampa di Piergigi
Bersani “il mozzo”, Angelino Alfano “il premier in eterno
pectore” e le esternazioni di Beppe Grillo, stranamente disponibile
con i giornalisti italiani, anche se davanti casa sua a Genova.
L'impressione che ne abbiamo ricavato, soprattutto dall'atteggiamento
di un Piergigi dimesso e niente affatto autoironico, è che la palla
per possibili alleanze strategiche con il M5S, sia saldamente in mano
a Nichi Vendola il quale, sempre ieri, ha già delineato una sorta di
agenda operativa a breve. C'è da dire che l'ammirazione, più volte
esternata, di Beppe Grillo nei confronti del “sistema Sicilia”,
qualche spazio di trattativa lo lascia e, non è un caso, che l'unico
politico del centrosinistra che con Grillo ha più di un punto in
comune, sia proprio Nichi Vendola. Una differenza, però, con la
Sicilia c'è. Crocetta, al momento di insediarsi, una maggioranza
l'aveva. Il supporto del M5S alle iniziative condivise, gli ha però
consentito di bypassare anche quella parte del suo schieramento più
conservatrice. A livello nazionale, invece, il Pd non ha al Senato
una maggioranza, e vedere i grillini abbandonare l'aula di Palazzo
Madama per far scendere il quorum per l'approvazione di una legge, ci
sembra uno scenario surreale. Ma tutto è possibile. E ieri Grillo ha
detto chiaramente che il suo “è, e sarà, un Movimento delle idee
e non delle proteste”. Secondo noi, da parte del centrosinistra
basterebbe poco per avere i grillini dalla loro. Proviamo a fare la
lista della spesa. Dunque. Una nuova legge elettorale; la riduzione
drastica del numero dei parlamentari; la riduzione degli stipendi di
deputati e senatori; l'abolizione del vitalizio; la fine delle
missioni di guerra camuffate in operazioni di pace; gli aiuti alle
piccole e medie imprese; la revisione del sistema bancario e delle
fondazioni; la cessazione dei lavori per la Tav; la distruzione del
progetto del Ponte di Messina; la rinuncia agli F15; la riduzione
drastica dei finanziamenti alla Difesa; la riduzione drastica dei
finanziamenti alle scuole private, e la revisione di tutto il sistema
scolastico nazionale, dagli asili nido all'università, fino alla
centralità della ricerca; la green economy, scelta strategica per il
futuro; la tutela dell'ambiente e del paesaggio; acqua ed energia
pubbliche. Ma volete vedere che, alla fine, l'unico che ha un
programma di sinistra è proprio Beppe Grillo? Nonostante le mani
alzate in segno di resa, con cui vorrebbe uscissero fuori i politici
dal Parlamento, resta il fatto che la sinistra si è fatta scippare i
suoi cavalli di battaglia dall'ex comico. Con chi se la può prendere
Bersani che, a un certo punto, correva dietro a Casini perfino nel
cesso, se non con i cretini del suo Pd?
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