Siamo
fuori di testa. Di solito quando muore qualcuno di importante, quasi
a ogni latitudine si osserva un minuto di silenzio. Il giorno della
dipartita di Re Tuiavii di Tiavea, famoso nel mondo per aver
viaggiato fra i Papalagi, i samoani stettero zitti circa 30 secondi
poi, imbracciati gli ukulele, si diedero a danze sfrenate. In un
famoso discorso tenuto al suo popolo dopo il rientro dal mondo
progredito, Re Tuiavii parlando dei papalagi (uomini bianchi),
teorizzò la “grave malattia del pensare”. Ecco, il Re, forte
solo delle sue tradizioni, aveva capito che il peccato originale
dell'uomo bianco non era tanto quello di pensare, ma di farlo a
sproposito, perdendosi in meandri mentali che non portavano a una
cippa. “Pensare – disse Re Tuiavii – non è male. Farlo a cazzo
(ns. libera traduzione), sì”. È un po' quello che è accaduto
ieri a Palazzo Montecitorio dopo la richiesta del Pdl di interrompere
i lavori della Camera dei Deputati (la stessa scena si è ripetuta a
Palazzo Madama) per tre giorni. Lo scopo: solidarizzare con Silvio
contro la decisione della Corte di Cassazione di anticipare il
pronunciamento sul processo Mediaset. La richiesta del Pdl ci sta
tutta. Loro per Silvio si butterebbero nel fuoco (oddio, non
esageriamo, nel fuoco no, forse si brucerebbero un dito con un
fiammifero). I vari Gasparri, Capezzone & co., giocano il loro
ruolo di difensori estremi del Capataz, e per farlo devono sollevare
polveroni inverecondi spargendo menzogne e mezze frasi, e non
arrivando mai a esplicitare la richiesta di “condono tombale ad
personam”, una leggina solo ed esclusivamente per Silvio che così
non finirebbe ai domiciliari ma anzi, continuerebbe a sedere sullo
scranno senatoriale di Palazzo Madama. Se fossimo deputati e senatori
del Pdl, probabilmente ci comporteremmo allo stesso modo. Il capo è
il Capo e, dopo tutti i miracoli che ha fatto per darci una dignità,
non ce la sentiremmo di abbandonarlo al suo destino. Insomma saremmo
solidali con Lui fino alla fine (o quasi). Ma cosa diavolo c'entri il
Pd in questa storia non si capirà mai. Per quale cazzo di ragione ha
avallato la richiesta dei pidiellini di sospendere i lavori delle più
alte istituzioni dello Stato, resterà per sempre un mistero
gaudioso. Solidarizzare con il Partito della Libertà, significa
polemizzare indirettamente con la magistratura giudicante e marcare
ancora di più il solco già profondo che divide i politici democrat
dal loro elettorato. Insomma, l'ennesima marchetta di un partito allo
sbando al quale tocca pagare, ormai è storia, ogni vento di crisi
che spira nell'altro partito, il Pdl. Fateci caso, ogni volta che il
Pdl tira fuori un problema a farne le spese è il Pd. Fra le due
formazioni politiche esiste una specie di sindrome da gemelli
monozigoti. Se uno dei due fratelli ha problemi, ne risente
inevitabilmente anche l'altro, spesso ancora di più che il portatore
sano di problematiche. La fregatura, nel caso del Pd, è che a
risentirne è sempre e solo lui, l'altro va avanti come un treno. Al
solito, la decisione presa di contrattare la durata dell'interruzione
dei lavori (da tre giorni a uno) è stata fortemente criticata da una
parte del partito. Quando Roberto Speranza (di scomparire presto) ha
detto che il Pd avrebbe aderito alla richiesta del Pdl, si è
scatenato un putiferio con i renziani che non hanno digerito affatto
la decisione presa dal capogruppo. E la vicenda si è trasformata in
farsa quando Speranza ha dichiarato: “I dissenzienti avrebbero
potuto chiedere la convocazione del gruppo parlamentare invece di
fare casino postumo”. Dopo la vicenda di Romano Prodi, la standing ovation
seguita alla nomination alla Presidenza della Repubblica e l'entrata
in scena dei 101 zozzoni, il buon Speranza ritiene ancora di essere
capogruppo di un partito unito, una pia quanto stupida illusione. Il
Pd, in nome della tenuta del LettaLetta, e di un presunto senso di
responsabilità, si è calato ancora una volta le braghe dimostrando
di essere un partito complementare al Pdl, di non avere una visione
strategica della politica in tempi di crisi, di essere subalterno
alla più pericolosa brigata di quacquaracquà che la storia
repubblicana ricordi. All'approvazione della sospensione dei lavori
con il voto favorevole dei pidini, i deputati e i senatori dei 5S si
sono tolti la cravatta, la giacca e, in maniche di camicia, hanno
iniziato a insultare pesantemente i colleghi del Pd, fin quasi ad
arrivare alle mani. Ma c'è qualcuno che pensa veramente che con
questi onorevoli e senatori del Pd si possa ragionare senza far
ricorso alle mani? La vediamo dura. Poi, le parole del saggio
Epifani: “Il Pdl non tiri troppo la corda”. Ma il Pdl la corda te la
mette intorno al collo e poi la stringe come e quando vuole, caro
segretario dell'unico partito al mondo che vince le elezioni per
farsi dettare l'agenda dal nemico storico. Continuiamo a dire che su
un punto Beppe Grillo ha ragioni da vendere: il popolo italiano è
stanco e i forconi stanno arrivando, insieme ai machete provenienti
direttamente da Tiavea e che da quelle parti servono solo per aprire
gli ananas e le noci di cocco.
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