Questo
articolo l'ho scritto tre anni fa. Lo ripropongo paro paro. Roberto
Calderoli
era ministro. Il tempo passa ma i buffoni (dire buffone non è reato,
come sentenziato dalla Corte
di Cassazione),
non guariscono mai. Di buffoni e coglioni il mondo è pieno. Ne
abbiamo incontrati a iosa nel passato, ne incontriamo a iosa
quotidianamente. Non sono, purtroppo per l'umanità dolente, una
razza in via di estinzione.
I
biografi più informati dicono che quando sua madre lo portò da
piccolo a vedere King
Kong
(il film), il bambino a un certo punto abbia urlato: “papa!”. La
mamma si guardò intorno per capire se qualcuno lo avesse sentito, ma
vide solo un gran sghignazzare di pubblico. Il piccolo aveva avuto la
sventura di guardarsi allo specchio e, dall’attaccatura dei capelli
alle sopracciglia fino al naso e al taglio della bocca, si era
ritrovato nell’immagine che lo schermo gli stava proiettando
addosso. La mancanza di scorrevolezza nel linguaggio, l’afasia dei
toni, la disarticolazione vocale nell’urlo e nel pianto, avevano
convinto Roberto
che l’origine della sua nascita doveva essere un’altra. Con il
passare del tempo, alcune delle caratteristiche fisiche non
propriamente umane si addolcirono, restava una strana fissità nello
sguardo ma nulla in confronto a quella del cervello, dei pensieri,
dei ragionamenti. Da figlio di Odino
pensò che un matrimonio in perfetto stile celtico, con tanto di
Druido
celebrante, potesse compiere il miracolo, ma questo caso fu la
dimostrazione scientifica che i miracoli non esistono. Roberto
mantenne tutte le afasie, le incertezze verbali e le fissità che
evidentemente facevano parte del suo tratto genetico, e non contribuì
a migliorare la situazione sua moglie, donna pia, timorata di dio,
niente affatto appariscente e perseguitata da una incontenibile
voglia di “strano”. Non gli si prospettava un avvenire roseo. Fu
allora che per cercare di forzare il fato, divenne amico di un
Aizzapopoli
più intellettualmente afasico di lui, ma che aveva avuto
contrariamente a quanto successo a Roberto,
un grande maestro, il professor Gianfranco
Miglio
(allievo di Otto
Brunner),
che era riuscito nell'impresa di limarne alcuni dei tratti
animaleschi che possedeva. L’Aizzapopoli
crebbe come mai Roberto
avrebbe previsto. Si contornò del fior fiore della cultura
valligiana e con questo manipolo di etno-infoiati, tentò perfino
l’assalto al Campanile
di San Marco.
Avendo la fortuna di vivere in un paese come l’Italia,
il manipolo di golpisti da operetta si trasformò ben presto in forza
di governo. E questa è storia. Oggi non solo il manipolo siede in
Parlamento,
ma governa. Roberto,
adepto della prima ora, da guardiano di gore in pectore, è diventato
ministro anche se, considerato il retroterra culturale, potevano
assegnargli solo la Semplificazione.
Travolto da tanto miracolo (Gnazio
e Caspar
si sentono meno soli), Roberto
ha iniziato timidamente a parlare, a cercare di ragionare compiendo
un terribile sforzo e infine, a interloquire, a rilasciare
dichiarazioni alla stampa, a censurare colleghi e oppositori. Con lo
sguardo perso nel vuoto e le guance rosso-fisso come la spia della
super della nostra Renault
d’annata, ha sentenziato: “Fini
ha perfettamente ragione a dire che è stronzo chi dice che lo
straniero è diverso. Ma è altrettanto stronzo chi illude gli
immigrati”. Fino a prova contraria sono stati i suoi amici
industriali del Nordest
a illudere gli immigrati ritenendoli indispensabili per la loro
crescita economica, ma non è questo che ha turbato Roberto
del ragionamento di Fini,
è più che altro l’essersi sentito dare dello “stronzo”. Lui,
che in effetti a un bisogno fisiologico assomiglia sul serio, non
sopporta più di essere preso in giro né per il fisico né per
l’intelligenza che pensa di possedere, e reagisce male cercando di
fare lo spiritoso. Ma non gli riesce. Roberto
si è incazzato insomma perché pensava che almeno da ministro quel
terribile, ripetuto, continuo epiteto gli fosse evitato. Invece madre
Storia insegna. Se nasci stronzo, e pensi di essere il figlio di King
Kong,
stronzo resti e non c’è ministero che tenga. Una piccola
consolazione: scorrendo i nomi dei colleghi, il buon Roberto
può stare tranquillo, è in ottima e numerosa compagnia.
un barlafuss, insomma. Così lo avrebbe definito mio nonno, contadino lombardo, onesto e lavoratore, da sempre fieramente avverso alla marmaglia segaiola
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