Mai amata la parola “integrazione”,
alla quale abbiamo fatto spesso seguire “e 'sti cazzi?” Noi non
dobbiamo essere integrati né in un luogo né in una comunità,
preferiamo cum vivere, vivere con, vivere insieme, un concetto che si
porta appresso il rispetto per ciò che siamo e non per ciò che
dovremmo diventare per essere accettati. Comunque, a parte le
sofisticherie linguististiche (Calderoli direbbe “sofisticazioni”),
quello che sta accadendo alla ministra Cecile Kyenge potrebbe trovare
riscontri nel Texas e nella Virginia degli anni '50 e '60, non
sicuramente nell'Italia del 2013. Il razzismo, al di là delle
perversioni umane (con chiari risvolti psichiatrici) che si porta
appresso, è la forma più aberrante di vivere civile e sociale,
violenza concettuale (e spesso materiale) allo stato puro, ignoranza
infima e non più tollerabile: la Kyenge è lo spunto, l'incultura
l'humus. Il fatto è che di questa devianza umana che si chiama
razzismo, Calderoli, Borghezio, la signora Valandro, l'assessore
all'indentità padana Stival, i forzanovisti, i casapoundini e gli
ammennicoli fascisti, non sono che la parte emergente, mediaticamente
esposta, di un fenomeno molto più vasto, la scontatissima punta di
un iceberg che ha una base enorme anche nei salotti buoni
dell'economia, della politica, della stessa chiesa e delle famiglie
mono- e bi-reddito italiane. Il razzismo è un fenomeno devastante,
spesso sommerso, che trae forza dal branco. Che si chiami
associazione, partito o gruppo di ultras, i razzisti, vigliacchi come
sono, non agiscono mai in solitaria, non sono i Giovanni Soldini
della politica ma un agglomerato di cervelli in disfacimento che
dallo stare insieme e dall'agire insieme, traggono la forza per
stuprare, offendere, dileggiare, insultare i diversamente puri; la
tutela della razza ariana a loro fa un baffo. Così, a ogni offesa,
fa seguito una sequela di scuse non sentite, non condivise, fatte
solo per pararsi il culo e salvarsi la faccia. Intanto, il
vice-presidente del Senato, in teoria vice della seconda carica dello
Stato, è ancora lì dopo essersi dato dell'imbecille, aver chiesto
formalmente scusa toccandosi le palle e leggendo un intervento
preparato chissà da chi. Ecco, il caso Calderoli poteva essere
l'applicazione corretta del “punirne uno per educarne cento”. Hai
recato un'offesa a sfondo razzista a un ministro della repubblica? E
io ti butto fuori dalla presidenza del Senato e dallo stesso Senato,
facendoti andare a chiedere la carità a Piazza Duomo essendo
incapace, tu, di qualsiasi mestiere che implichi un livello minimo di
destrezza professionale. Invece Calderoli è ancora lì, nonostante
LettaLetta, nonostante gli inviti (non accolti) ad andarsene, e
nell'indifferenza totale dei 5S e di quelli di Sel. Pensate che
effetto farebbe se, ogni volta che Calderoli si trovasse a presiedere
le sedute del Senato, i parlamentari di 5S e di Sel se ne andassero.
Ma già, subentrerebbe un problema di diaria. Alla ministra Kyenge
siamo vicinissimi. Lei non è la sagoma insanguinata che i
gentiluomini di Forza Nuova hanno esposto a Cervia. Lei è il simbolo
di un fenomeno che sarà duro da combattere se nelle pie famiglie cattoliche
italiane si continuerà a parlare, con disprezzo, dei negher.
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