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martedì 16 luglio 2013

C'è insulto e insulto. Un conto è dire “nano” a Brunetta, un altro “orango” alla Kyenge

Intorno a questa faccenda dell'orango si sta facendo un fracasso 'bestiale' (hihihi!). Da una parte ci sono i leghisti, che fanno quadrato intorno al vice presidente del Senato. Dall'altra il Pd, Sel e Scelta Civica che continuano a chiederne le dimissioni. In mezzo i grillini che non se la sentono proprio di inveire contro il Calderoli che insulta, perché a insulti loro non sono secondi a nessuno: le dimissioni costituirebbero un pessimo precedente. Per non escludere il fatto che, dopo la presa di posizione di Beppe Grillo sullo ius soli, magari è meglio tenersi la Lega vicina. In Italia, si sa, non siamo abituati a colpirne uno per educarne cento, si colpisce dove e come si può, le parole volano, le offese investono, in ogni ordine e grado, anche cittadini inconsapevoli e distratti. Poi c'è l'assessore veneto Daniele Stival, che sul suo profilo Facebook aveva scritto: “A sentirsi offeso dovrebbe essere l'orango”. Ma il post è durato solo un paio d'ore ed è stato rimosso. Salvini invita Napolitano a tacere. È una vita che diciamo che il nostro Presidente dovrebbe essere, come dire, meno presente sulla scena politica italiana, ma non sicuramente perché dice che “il linguaggio della politica è barbaro”, per una volta che ha ragione, lasciamolo in pace. Infine c'è il vezzo di accomunare sempre tutti in un enorme circo del “e tu allora?”. È la tecnica dei pidiellini che si può riassumere in “Vabbé, Silvio è un puttaniere. E Togliatti allora che si teneva l'amante a Botteghe Oscure?” A ogni misfatto dei destrorsi ne deve corrispondere uno dei sinistrorsi. Tutti devono sentirsi colpevoli perché è l'unico mezzo che si ha a disposizione per arrivare a dire “tutti colpevoli, nessun colpevole”. Questa storiella va avanti da venti anni. Faceva parte del bagaglio oratorio di Forza Italia, è diventato il mezzo esclusivo di risposta al nemico da parte dei quacquaracquà del Pdl. A ogni crimine di Mussolini ne corrispondeva uno di Stalin e non si finiva mai. Il giro ricominciava, come sulla giostra dei disperati che non pagano il biglietto per sedere sulla 313 di Paperino Paolino da Paperopoli. L'ultima perla di questa serie infinita di dileggi contro l'intelligenza, è venuta dal sindaco di Viggiù, la leghista di colore (americana di Springfield - mamma di Viggiù, padre afro-americano -), che ha detto: “Calderoli ha sbagliato, ma che dire allora di chi chiama 'nano' Brunetta o 'puttane' le donne del Pdl che siedono in Parlamento?” Vede, gentile signora Sandra Maria Cane, detta Sandy, la differenza c'è ed è enorme. Nonostante tutta la buona volontà, è difficile non definire Renatino Brunetta 'nano', semplicemente perché lo è. Potremmo discutere sul tono più o meno di disprezzo con il quale la definizione di un aspetto fisico accertato e visibile viene pronunciata, ma il concetto base non cambia. Poi ci sconvolge che Brunetta possa offendersi per il 'nano'. Ci sono nani famosissimi, e non solo nei circhi, che non si offendono affatto se qualcuno ne sottolinea la conformazione fisica definendoli nani anzi, diciamo che è stata la loro fortuna nascere in quel modo, gli ha aperto porte che sarebbero rimaste inesorabilmente chiuse: Danny De Vito compreso. E che dire di quell'altro termine con il quale si definiscono le parlamentari del Pdl, soprattutto conoscendo le inclinazioni del Capo? Ora, se lei ci dicesse che oltre alle puttane occorrerebbe parlare anche di puttani, le daremmo ragione totalmente e completamente, e puttani sarebbe il termine giusto perché 'gigolò' darebbe loro una dignità che non meritano. Ma lei ce lo vedrebbe Richard Gere al Senato?

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