Intorno
a questa faccenda dell'orango si sta facendo un fracasso 'bestiale'
(hihihi!). Da una parte ci sono i leghisti, che fanno quadrato
intorno al vice presidente del Senato. Dall'altra il Pd, Sel e Scelta
Civica che continuano a chiederne le dimissioni. In mezzo i grillini
che non se la sentono proprio di inveire contro il Calderoli che
insulta, perché a insulti loro non sono secondi a nessuno: le
dimissioni costituirebbero un pessimo precedente. Per non escludere
il fatto che, dopo la presa di posizione di Beppe Grillo sullo ius
soli, magari è meglio tenersi la Lega vicina. In Italia, si sa,
non siamo abituati a colpirne uno per educarne cento, si colpisce
dove e come si può, le parole volano, le offese investono, in ogni
ordine e grado, anche cittadini inconsapevoli e distratti. Poi c'è
l'assessore veneto Daniele Stival, che sul suo profilo Facebook aveva
scritto: “A sentirsi offeso dovrebbe essere l'orango”. Ma il post
è durato solo un paio d'ore ed è stato rimosso. Salvini invita
Napolitano a tacere. È una vita che diciamo che il nostro Presidente
dovrebbe essere, come dire, meno presente sulla scena politica
italiana, ma non sicuramente perché dice che “il linguaggio della
politica è barbaro”, per una volta che ha ragione, lasciamolo in
pace. Infine c'è il vezzo di accomunare sempre tutti in un enorme
circo del “e tu allora?”. È la tecnica dei pidiellini che si può
riassumere in “Vabbé, Silvio è un puttaniere. E Togliatti allora
che si teneva l'amante a Botteghe Oscure?” A ogni misfatto dei
destrorsi ne deve corrispondere uno dei sinistrorsi. Tutti devono
sentirsi colpevoli perché è l'unico mezzo che si ha a disposizione
per arrivare a dire “tutti colpevoli, nessun colpevole”. Questa
storiella va avanti da venti anni. Faceva parte del bagaglio oratorio
di Forza Italia, è diventato il mezzo esclusivo di risposta al
nemico da parte dei quacquaracquà del Pdl. A ogni crimine di
Mussolini ne corrispondeva uno di Stalin e non si finiva mai. Il giro
ricominciava, come sulla giostra dei disperati che non pagano il
biglietto per sedere sulla 313 di Paperino Paolino da Paperopoli.
L'ultima perla di questa serie infinita di dileggi contro
l'intelligenza, è venuta dal sindaco di Viggiù, la leghista di
colore (americana di Springfield - mamma di Viggiù, padre
afro-americano -), che ha detto: “Calderoli ha sbagliato, ma che
dire allora di chi chiama 'nano' Brunetta o 'puttane' le donne del
Pdl che siedono in Parlamento?” Vede, gentile signora Sandra Maria
Cane, detta Sandy, la differenza c'è ed è enorme. Nonostante tutta
la buona volontà, è difficile non definire Renatino Brunetta
'nano', semplicemente perché lo è. Potremmo discutere sul tono più
o meno di disprezzo con il quale la definizione di un aspetto fisico
accertato e visibile viene pronunciata, ma il concetto base non
cambia. Poi ci sconvolge che Brunetta possa offendersi per il 'nano'.
Ci sono nani famosissimi, e non solo nei circhi, che non si offendono
affatto se qualcuno ne sottolinea la conformazione fisica definendoli
nani anzi, diciamo che è stata la loro fortuna nascere in quel modo,
gli ha aperto porte che sarebbero rimaste inesorabilmente chiuse:
Danny De Vito compreso. E che dire di quell'altro termine con il
quale si definiscono le parlamentari del Pdl, soprattutto conoscendo
le inclinazioni del Capo? Ora, se lei ci dicesse che oltre alle
puttane occorrerebbe parlare anche di puttani, le daremmo ragione
totalmente e completamente, e puttani sarebbe il termine giusto
perché 'gigolò' darebbe loro una dignità che non meritano. Ma lei
ce lo vedrebbe Richard Gere al Senato?
Nessun commento:
Posta un commento