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venerdì 10 maggio 2013

Ancora guai per Silvio. Rinvio a giudizio per compravendita di senatori. Bondi s'immola: “La responsabilità è solo mia”.


Oggi ci sarebbero almeno una dozzina di argomenti meritevoli di approfondimento. Dal rinvio di una settimana del consiglio dei ministri che deciderà sull'Imu e sulla cassa integrazione in deroga, ai veti incrociati nel PD per l'elezione del prossimo segretario; dai deliri di Beppe Grillo che minaccia di sputtanare universalmente chi non restituirà i rimborsi parlamentari (e da milionario dice “Fanculo i soldi”), alla proposta di Francesco Nitto Palma, appena insediato, che ripropone l'ennesimo condono edilizio, gli esercizi di analisi giornalistica sarebbero infiniti, e su tutti potrebbe calare la mannaia del sarcasmo, perché dell'ironia questo paese non ha capito una mazza. E invece, non per andare contro corrente, ma per segnalare un caso umano meritevole delle nove colonne, parleremo di Sandro Bondi: il poeta dell'anima di Silvio, l'ex ministro dei Beni Culturali che vide il crollo di Pompei, il buono dentro che fece acquistare dallo Stato un crocifisso di Michelangelo taroccato, di cui non si conosce la destinazione finale ma la spesa sì: quasi tre milioni di euro. Sandro Bondi, un po', lo abbiamo sempre ammirato, un caso di fedeltà e di abnegazione unico al mondo, forse ancora più grande del giapponese rimasto nella giungla, finita la guerra, a difendere con le armi il suo imperatore. Bondi è l'amico che tutti vorremmo avere, fedele fino alla canizzazione, scodinzolante ma anche pronto a portare, con sussiego, il giornale la mattina e le ciabatte la sera. Sandro Bondi è un personaggio d'altri tempi, un gentiluomo ex comunista che, a un certo punto della sua vita, ridotto sul lastrico e senza arte né parte, incontra Silvio che lo accoglie fra le sue braccia calde, gli da una stanzetta ad Arcore e il pappone tre volte al giorno. Sandro capisce allora la grandezza di quel piccolo uomo e si innamora di lui perdutamente, regalandogli l'unica arte che conosce, quella poetica. Scrive versi su versi “in ode”, lo accompagna nel suo peregrinare e, quando c'è da entrare nelle selve oscure dei guai giudiziari o delle infinite agonie politiche risoltesi tutte con resurrezioni miracolose, lui è lì, intimamente vicino al padrone, pronto a donargli la sua vita, se fosse necessario. Sandro è l'anima candida di Silvio, quella un po' bambina, mentre Paolino Pa è quella nera, quella della guerra totale ai comunisti. Insieme a loro l'anima e basta: Gianni Letta, il Richelieu della corte di Arcore, altro che Brunetta, buono solo a starnazzare. Il loro è un quartetto delle meraviglie inossidabile e inattaccabile, i Beatles degli anni '60, i Moschettieri di Dumas, le quattro voci maschie di Nora Orlandi. Per il padrone venderebbero, novelli Faust, l'anima al demonio, non rendendosi conto di avergliela già venduta. Sandro è il più debole. Incline alla lacrima, quando lo accusano di aver fatto crollare Pompei, si rivolge ai suoi ex compagni di partito e, implorandoli, chiede loro di non votargli la sfiducia. Ma non servirà a nulla, Sandro si dovrà dimettere e tornerà all'ombra di Palazzo Grazioli cibandosi dello stesso pappone di Arcore. Ma ora, finalmente per lui, arriva il momento in cui può tornare alla luce del sole, riassaporarne il calore dei raggi e la luminosità, Sandro può, finalmente, immolarsi. Accade che quei maramaldi dei giudici di Napoli, al termine delle indagini sulla compravendita del senatore Sergio De Gregorio - passato dall'Idv al Pdl per la modica cifra di 3 milioni di euro - rinviino a giudizio Silvio Berlusconi, l'ennesimo rinvio a giudizio di una carriera trascorsa a dare un prezzo a tutti e, soprattutto, a tutte. Il rinvio a giudizio di Silvio è stato chiesto da, addirittura, quattro pm: Henry John Woodcock, Vincenzo Piscitelli, Alessandro Milita e Fabrizio Vanorio, ai quali si è unito nell'impari lotta, il procuratore aggiunto Francesco Greco. L'accusa è chiara, pur di sabotare il governo Prodi, Silvio, dal 2006 al 2008, versò all'allora senatore dell'Italia dei Valori (non si sa perché ma i traditori vengono tutti dal partito di Di Pietro) De Gregorio, a rate, la somma di tre milioni di euro. De Gregorio, con l'acqua alla gola per fatti suoi, accolse cum gaudium magnum, l'offerta di Silvio, contribuendo così alla disfatta del secondo Governo Prodi insieme alla compagnia di giro Veltroni&D'Alema, uniti contro il comune nemico: Dini e Mastella non furono che gli esecutori materiali di una sentenza a morte stabilita da altri e in altri luoghi. Appresa la ferale notizia, Sandro Bondi ha capito che è giunto il momento di ripagare il padrone dei sacrifici fatti per lui, un modo per dirgli “grazie” concretamente e non solo vergando versi alati sulla carta. Chiamati i giornalisti, Sandro ha detto: “Tutto ciò è assurdo, è l'ennesimo attacco a Silvio Berlusconi. Nel caso del senatore De Gregorio, Silvio non ha fatto nulla, la responsabilità è mia, solo mia, per sempre mia”. Chiedendoci dove diavolo Sandro Bondi abbia potuto reperire tre milioni di euro (un mutuo a tasso agevolato presso Banca Mediolanum?), resta tutta la nostra ammirazione per un uomo che sta sacrificando se stesso in nome dell'amicizia, e per un posto nel Mausoleo di Cascella accanto al padrone. Sandro Bondi è un esempio di fedeltà perenne, di totale annientamento personale in nome della causa comune, e di una vocazione al martirio degna di san Sebastiano. L'unico berlusconiano convinto, si sta immolando. Niente fiori, ma opere di bene.

3 commenti:

  1. fa tenerezza quest'uomo! però ci deve spiegare dove ha trovato i 3 milioni....glieli ha portati Babbo Silvio??

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  2. Forse è come ha scritto Max. Un mutuo a tasso agevolato presso la Banca Mediolanum... che roba.

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  3. Tenerezza è la parola giusta. Quando Papa Francesco l'ha pronunciata, pensava a Bondi... Sandro Bondi...

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