Il
piano di battaglia era stato messo a punto in ogni particolare: la
cavalleria, agli ordini del Generale Bondì, avrebbe attaccato il
governo LettaLetta a destra; le amazzoni, con a capo la Santanchè a
sinistra e, al centro, la mitica fanteria comandata (come solo lui sa
fare), dal Generale Verdini, incaricato di sfondare la prima linea nemica. Alle spalle dell'esercito, Raffaele
Fitto con l'artiglieria. Silvio l'Imperatore si sarebbe goduto la
“campale” sulle spalle di Capezzone con in braccio Dudù, mentre
Francesca avrebbe preparato con le sue mani i babà per festeggiare
la madre di tutte le vittorie. La battaglia era iniziata. Sandro
Bondì aveva iniziato a far muovere la cavalleria con lo scopo
di disturbare la Legge di Stabilità. Le amazzoni stavano minando le
certezze dello schieramento nemico, attaccando frontalmente lo
stratega del Quirinale. Verdini aveva iniziato a saggiare la
consistenza delle file del nemico cercando di comprenderne la
solidità e la coerenza. E proprio sul fronte del bancarottiere
fiorentino (dopo l'intervista a Report, Di Pietro si dimise, Verdini
col cazzo che lo farà), iniziavano a vedersi le prime crepe. Il
Magnifico redivivo, grazie al suo fiuto proverbiale per i maramaldi,
aveva iniziato a capire che stavolta la compravendita non avrebbe
funzionato e che le truppe mercenarie avevano trovato un “soldo”
migliore. E infatti, proprio mentre stava dando l'ordine di attaccare
subito dopo il voto di decadenza dell'Imperatore dal Senato, Denis
aveva sfogliato i giornali rendendosi conto che non ce l'avrebbe mai
fatta. 24 (diconsi 24) senatori del Pdl avevano infatti deciso di
sostenere il governo che la battaglia campale avrebbe dovuto
affondare. A nulla sono serviti gli appelli all'unità
dell'Imperatore il quale, non sapendo più cosa offrire, era arrivato
a proporre un giro sull'Otto volante con Dudù. In queste ore, un
Imperatore deluso e amareggiato, tradito anziché no, sta prendendo
atto che una scissione non è più evitabile. Che le sirene casiniane
sono più forti dei dané, e che l'anima nera della peggiore
Democrazia Cristiana, sta tornando alla luce dopo una rapida
emersione dalle tenebre e una spolverata alle fasce (come le mummie).
E se qualcuno dei transfughi avesse avuto ancora qualche dubbio, le
dichiarazioni della Pitonessa e del condannato Fitto di domenica
scorsa, li hanno definitivamente convinti ad abbandonare la nave che
affonda. Non essendo cuori di leone, hanno una paura fottuta che
Silvio non li ripresenti se si dovesse tornare alle urne e, quindi,
meglio tirare a campare fino al vitalizio.
A
riecco Carletto Giovanardi, l'uomo che non sa tacere e che quando
parla combina disastri. Com'è avvezzo fare, il capo del tea-party
italiota non si lascia scappare mezza occasione per fustigare i
costumi e dare addosso ai gay. Sostenitore del boicottaggio della
legge contro l'omofobia, Giovanardi, a proposito della ragazza di
Modena stuprata dal branco, ha detto: “Non voglio entrare nel
merito della vicenda che l'Autorità giudiziaria dovrà chiarire in
tutti i suoi controversi aspetti. Quello che ritengo insopportabile
sono certe dichiarazioni, tra l'indignato e il meravigliato, come se
fosse possibile, 364 giorni all'anno, dileggiare ogni regola ed ogni
principio educativo, presentando la sessualità come uno dei tanti
beni di consumo, e poi scandalizzarsi se i ragazzi non si rendono
neppure conto dell'inaudita gravità di certi comportamenti”. Fino
a qui potremmo anche essere d'accordo con il senatore
ultraconservatore, quello che ci stupisce è che Giovanardi non si
renda conto che chi ha introdotto in Italia il concetto di “sesso =
bene di consumo”, chi ha dileggiato le donne riducendole a puro
oggetto del desiderio, chi ha frantumato il concetto di famiglia
costruendosene tre, chi ha privilegiato da sempre il ruolo del
maschio padrone fino a diventare simbolo esso stesso del machismo
d'accatto, è proprio il suo capo, l'Imperatore di cui sopra, teorico
e realizzatore della tivvù tette e ombelichi del “posso tastarle
il culo?”, del “ma lei quante volte viene?” E Giovanardi parla
di valori quando milita dalla parte di chi i valori li ha distrutti
per un etto di prosciutto cotto Rovagnati e una doccia con Bilba di
Cadey al gelsomino. Carletto vergognati e tornatene in convento a mangiare il pappone con le bertucce.
Quasi quasi sono d'accordo.............
RispondiEliminascusa, e a me...?
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