È
mefitica l'aria che si respira, scientificamente schizofrenici gli
atteggiamenti, ricorrenti i falsi storici. È l'Italia di Silvio,
quella che (se n'è accorto anche Epifani), prima di cambiare
dovranno passare vent'anni. Siamo il paese in cui se non sei
d'accordo con il manovratore, ti ritrovi sputtanato sui giornali e in
tivvù, altro che metodo Boffo, qui si parla di disinformazione
pianificata a tavolino e chirurgicamente applicata. Roberto Saviano è
a Napoli. Testimone nel processo contro Francesco Bidognetti e
Antonio Iovine del clan dei Casalesi, lo scrittore ha raccontato le
minacce ricevute dai legali dei boss durante l'appello
del processo “Spartacus”. Lucidissima la testimonianza di Roberto
Saviano, che ha ripercorso, si può dire minuto dopo minuto, quello
che accadde nel marzo del 2008 quando, durante una udienza del
processo d'appello contro il clan, l'avvocato Santonastaso (che con
il collega D'Aniello assisteva i boss e finito poi in galera per
associazione mafiosa), lesse in aula un lungo comunicato a firma di
Bidognetti e Iovine alla fine del quale si manifestarono le minacce
contro i giudici Raffaele Cantone e Federico Cafiero De Raho e i
giornalisti Roberto Saviano e Rosaria Capacchione. Ma l'accusa e la
minaccia più pesante venne fatta proprio nei confronti di Roberto
Saviano reo, secondo i boss, di aver “condizionato” i
magistrati. Quello che accadde lo sanno tutti, Saviano vive da allora
sotto scorta. Ebbene, in un processo in cui va a testimoniare su
quanto accadde allora, lo scrittore si ritrova improvvisamente sul
banco degli imputati per un'accusa che non c'entra nulla con il
dibattimento, quella recentissima di plagio letterario e per le
querele ricevute dagli stessi boss che si sono sentiti (poverini)
diffamati. Ricordate i calzini turchese del giudice Mesiano? Tale e
quale. Ricordate Silvio contro Travaglio a Servizio Pubblico? Uguale.
Ricordate Gasparri contro i partigiani il 25 aprile? Uguale. È
l'evidenza del berlusconismo, quel processo diffamatorio che porta a
mettere tutti sullo stesso piano, colpevoli e innocenti, per
dimostrare che siccome tutti sono colpevoli, nessuno è colpevole e
se per arrivare a questa conclusione occorre diffamare, ben venga la
diffamazione: un titolo a nove colonne fa effetto, una smentita nelle
“brevi” in penultima pagina, insieme ai necrologi, non se la fila
nessuno. A Napoli, il pm Ardituro è dovuto intervenire pesantemente
in difesa di Saviano e ha esclamato: “Qui l'imputato non è
Saviano. Stiamo processando Iovine e Bidognetti, due camorristi, non
uno scrittore”. Ma quanti altri hanno avuto il coraggio di dire ai
berluschini che gli imputati sono loro e non il giudice Mesiano, il
direttore Boffo, il presidente della Camera Fini, Marco Travaglio e i
partigiani? Inutile, con questa destra intrisa di berlusconismo, non
si governa e non basta il pelo sullo stomaco di LettaLetta, perché
se parli di Imu per le abitazioni di lusso ti ritrovi di fronte un
muro di gomma, di omofobia una linea gotica, di abolizione della
legge Bossi-Fini un fuoco di sbarramento. Per assurdo, questa
situazione sta favorendo in modo sfacciato il Pd perché si
cominciano a intravedere quali sono i motivi reali di una diversa
collocazione politica. Non è un caso che nei sondaggi, i democrat
siano arrivati al 32 per cento, superando di slancio la destra più
confusa degli ultimi dieci anni. E non è un caso che forse,
finalmente, si comincino a capire quali sono le differenze (che
esistono) fra destra e sinistra perché, gentili signori, questa
differenza esiste ancora nonostante i partiti e i movimenti
post-ideologici per modo di dire, la neghino decisamente. Ritorneremo a essere un paese
normale quando gli imputati saranno imputati e i testimoni solo
testimoni. Ma soprattutto quando qualcuno si assumerà le
responsabilità senza giri di valzer, un ballo notoriamente di una
pallosità estrema.
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