Non una di meno
C'è
chi parla delle donne, e del ruolo delle donne, una volta l'anno: l'8
marzo.
Per
l'occasione, un po' di tempo fa si spogliavano gli alberi di mimose,
si beveva una birra in più in pizzeria o al pub, ci si riuniva fra
amiche per assistere a uno streaptease maschile, si ridicolizzavano
gli uomini e le loro mammesche manie, si indossava l'abito più
succinto che si aveva per sentirsi libere e desiderate.
Tutto
questo avveniva, appunto, fino a qualche tempo fa e, ne sono
convinto, avviene ancora oggi in qualche parte d'Italia. Nel
frattempo però, è aumentato a dismisura il numero dei femminicidi,
gli obiettori di coscienza hanno reso quasi impossibile ricorrere
alla 194, gli stipendi delle donne continuano a viaggiare nell'ordine
dei 5000 euro (annui) in meno di quelli maschili, l'accesso ai ruoli
dirigenziali pur aumentando di numero, è rimasto sempre di bassa
qualità e l'Europa ci ha multato per la mancata sicurezza delle
donne che denunciano abusi sessuali e volenze. Se il panorama che
abbiamo di fronte è questo, mi chiedo e chiedo: cosa c'è da
festeggiare?
La
stessa domanda se la sono posta le donne di Women's
March, il movimento
americano promotore delle manifestazioni anti-Trump, che sono
riuscite a creare una rete internazionale di gruppi in grado di
portare avanti rivendicazioni globali all'insegna della “dignità
della donna” sempre, dovunque e per sempre. In Italia, oggi
scenderanno in piazza le donne di Non
una di meno, gruppo che
ha già fatto sentire la sua voce in occasione del Fertility
Day, con un giorno di
sciopero tutto al femminile (e per gli uomini che vogliono aderire),
che consiste in due astensioni: dal lavoro e dagli acquisti. E questo
per dimostrare che le donne sono fondamentali sia nel processo
produttivo che in quello di consumatrici.
Sono 8
i punti del manifesto di Non
una di meno, che voglio
riportare anche per dimostrare quanta qualità si porti appresso oggi
l'impegno delle donne. 1)
La risposta alla violenza è l'autonomia delle donne; 2)
Senza effettività dei diritti non c'è giustizia né libertà per le
donne; 3)
Sui nostri corpi, sulla nostra salute e sul nostro piacere decidiamo
noi; 4) Se
le nostre vite non valgono, non produciamo; 5)
Vogliamo essere libere di
muoverci e di restare, contro ogni frontiera; 6)
Vogliamo distruggere la
cultura della violenza attraverso la formazione; 7)
Vogliamo fare spazio ai femminismi nei movimenti e costruire spazi
politici e fisici tranfemministi e antisessisti; 8)
Rifiutiamo i linguaggi sessisti e misogini.
Dal
1908, di acqua sotto i ponti ne è passata parecchia, e nell'era
della comunicazione globale non possono non trovare posto
rivendicazioni che dovrebbero essere già diritti acquisiti e non,
ancora, motivo di mobilitazione e di protesta. Resta sullo sfondo,
quasi nascosto nel buio, quel barlume di romanticismo misto a
dolcezza che dovrebbe rendere il tutto più umano e che, per anni, ha
tenuto compagnia a molti di noi l'8 marzo e non solo.
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