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giovedì 15 agosto 2013

D'Alema consiglia l'amico Silvio di fare come Grillo. Marina “non può” scendere in politica e il governo LettaLetta va a gonfie vele. Il ferragosto triste del trombador cortese

Gli amici, si sa, si riconoscono nel momento del bisogno. È nei momenti bui e tristi che intervengono per darti una pacca sulla spalla o per rifilarti consigli spesso non richiesti. Il vezzo degli amici (e delle amiche) di infilarsi nella vita degli altri è pari quasi a quello di Graziano Mesina di delinquere: lo fa da cinquant'anni e lo farà per sempre. Insomma, solitamente gli amici (quelli finti) non riescono mai a farsi i cazzi loro, figuriamoci a non elargire pillole di saggezza. L'ultima testimonianza di amicizia vera è quella di Massimo D'Alema nei confronti del suo ventennale, finto antagonista, Silvio Berlusconi. A freddo, e senza che nessuno gli avesse chiesto una beneamata minchia, Baffetto gli ha pubblicamente consigliato di dimettersi dal Senato e di fare come Beppe Grillo. Siccome uno non bastava, Silvio (d'accordo anche Giulianone Ferrara detto 'o elefantino), dovrebbe andare in giro comiziando, potendosi così finalmente permettere di bestemmiare senza che un monsignore Fisichella qualsiasi gli contestualizzi il “porco...”, ed esibire il suo sconfinato bagaglio di barzellette sconce non dovendosi più giustificare con i birichini del Fatto Quotidiano che non gliene perdonano una. E tutto ciò per far sedere sugli scranni ministeriali Daniela Santanchè, Maria Stella Gelmini, Mara Carfagna e magari riesumare Bondi e Scajola perché, per la figlia prediletta Marina, sembra ci siano problemi. Quei rossi matricolati giornalisti dell'Espresso, hanno scoperto che Marina ha, come dire, una passione viscerale per i conti off-shore. E che uno di questi, per la precisione il “Muesta”, sia intestato a lei. C'è da dire che questa scomodissima verità emerge semplicemente dalle carte del processo che ha portato alla condanna di Silvio per frode fiscale. Il tutto è contenuto nella testimonianza dell'avvocato David Mills che, materialmente, costituì i due tesoretti esteri per Marina e Piersilvio alla vigilia del matrimonio del Capataz con Veronica Lario. Quando Silvio ai suoi esternò il timore che la figlia, una volta scesa in politica, si potesse ritrovare nei guai come lui, sapeva esattamente di cosa stava parlando. Non è, quindi, la voglia di continuare a fare l'imprenditrice che frena la discesa in campo di Marina, ma qualcosa d'altro e ben più pericolosa: la passione per il denaro. Ma, comunque la vogliate mettere, Silvio trascorrerà il peggior Ferragosto della sua vita. Asserragliato nella villa di Arcore, il Capataz, con le lacrime agli occhi e la tristezza nel cuore, sta ripensando a Villa Certosa, a quando i voli di Stato gli portavano a domicilio i migliori amici e soprattutto le amiche. A quando, braccio sulla spalla di Mariano Apicella, si esibiva in Que reste-t-il (de nos amours) e, con la bandana in testa post-trapianto capelluto, girava felice per le strade dell'isola con Tony Blair. E poi il vulcano che eruttava a comando, la finta foresta tropicale, il tunnel sottomarino, costruito in barba a tutte le leggi edilizie che, invece di rappresentare una via d'uscita in caso di attacco terroristico, era una via d'entrata per le amicizie da tenere riservate. E la dacia di Putin e la vodka nell'ombelico di Natasha che non potrà più sorseggiare perché gli hanno ritirato il passaporto. E la villa alle Bermuda, dove costringeva i fedelissimi a jogging mattutini feroci e pesantissimi. Tutto questo sembra essere la storia di un secolo fa e invece era ieri. Oggi, seduto in poltrona, potrà solo vedere in diretta streaming gli aerei con la scritta di plastica Forza Silvio svolazzare sulle spiagge. Armiamoci di fionde, chissà...

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