Dopo
10 anni, i giudici di Palermo sono riusciti finalmente a sentire Silvio
Berlusconi sul fiume di denaro che l’ex premier diede al suo amico Marcello
Dell’Utri. “Fu estorsione?”, gli hanno chiesto i pm Francesco Messineo e
Antonio Ingroia. “No”, ha risposto Silvio, “solo una donazione”. Per rispondere
“no”, ci ha messo 10 anni. Nel 2002, quando l’indagine su Dell’Utri
prese corpo, e Berlusconi venne citato per concorso esterno in associazione mafiosa,
Silvio ne aveva combinata una delle sue. Da presidente del Consiglio, chiese ed
ottenne di essere sentito a Palazzo Chigi ma, quando i giudici si presentarono,
si avvalse della facoltà di non rispondere. Pensate che a dieci anni di
distanza, pur di ascoltare la sua voce, i giudici di Palermo hanno convocato Nano
Bifronte come teste e non più come indagato e, nonostante tutto, tanto per far
capire che la legge non è uguale per tutti, i legali di Over the Topa hanno
messo una serie di paletti-rospi che Messineo ed Ingroia hanno dovuto ingoiare.
Il primo è che Silvio è stato interrogato a Roma e non a Palermo, il secondo che
tutte le domande sono state preventivamente concordate. Ce n’era un terzo,
la richiesta che Silvio fosse considerato “teste assistito” e, quindi, in grado
di avvalersi ancora della facoltà di non rispondere, ma la Corte ha
respinto la richiesta. Via dunque alla domande delle cento pistole: “Caro ex
Premier, perché ha dato 40 milioni di euro a Marcellino?”. E poi: “Che tipo di
rapporto (e chi ne era stato il fautore) lei ha avuto con il pacifista mafioso
Vittorio Mangano e l’englishman Tanino Cinà?”. Sui rapporti con i sicari della
mafia, Silvio è stato chiaro: “Erano due persone dall’aria perbene, nulla
poteva farmi sospettare che fossero due mafiosi e comunque, chi fossero
realmente, l’ho saputo solo dopo l’assunzione. A presentarmeli fu il senatore
Marcello Dell’Utri”. E i quaranta milioni di euro? E qui è iniziato lo show di
Silvio che, dopo aver decantato le doti di umanista, bibliofilo, uomo di
cultura, esteta, urbanista, storico, architetto, critico letterario, editore
del suo amico fraterno, ha detto: “Cari pm, quei soldi sono stati regali che ho
fatto personalmente di persona a Marcellino mio. I suoi hobby erano molto
costosi, ristrutturava immobili che poi affittava gratis ai senzatetto e ai
terremotati del Belice, acquistava libri preziosi e poi aveva una famiglia che spendeva
molto, aveva un alto tenore di vita. Mica potevo far mancare la Porsche ai
pargoli della famiglia Dell’Utri, o no?”, ha detto Silvio guardando negli
occhi quel gran pezzo di proletario barbuto di Ingroia. Insomma, per Silvio non
ci fu nessuna estorsione ma solo una serie di elargizioni fatte al suo “amico e
collaboratore più prezioso”. Silvio Cuore t’oro ha colpito ancora. Dopo la
dentiera pret-à-porter alla vecchietta terremotata dell’Aquila, dopo il
depilatore di Ruby, dopo le bollette dell’acqua, della luce, del gas e del
telefono alle ospiti dell’Olgettina, dopo i soldi cash alle ospiti delle sue
notti brave, dopo le donazioni al San Raffaele, dopo l’ospitalità a titolo
gratuito di Topolanek, dopo i 20mila euro mensili a Emilio Fede, dopo gli aiuti
milionari a Lele Mora, Silvio si è ancora una volta dimostrato quel gran pezzo
di benefattore che la Storia ormai riconosce ufficialmente, il continuatore della
politica della carità di Madre Teresa di Calcutta. Sull’acquisto della famosa
villa sul lago di Como, pagata molto più del suo valore, Silvio è stato
evasivo: “C’era una perizia seria, onesta, niente affatto gonfiata”. A
gonfiarsi, quando c’è di mezzo Silvio, non sono propriamente i preventivi.
Ma davvero meno di 5 euro (i tuoi racconti)? Dove li posso trovare a ottobre?
RispondiEliminaMarco
Oggi sarcasmo puro. Bello e feroce.
RispondiEliminaPubblicherai i luoghi dove trovare i racconti, vero?
an
Che bello leggere anche cose tue diverse dai commenti politici. Ti faccio la stessa domanda degli altri, dove?
RispondiEliminaGiu