Il
congegno era semplicissimo e anche conosciutissimo. Non solo fra gli addetti ai
lavori perché spesso, per capire alcuni meccanismi, basta davvero poco. Dunque.
Rapporti politici strettissimi, quasi amicali sono il presupposto indispensabile
perché la cosa funzioni. Sistemati i rapporti interpersonali, i beneficiari di
somme più o meno cospicue preparano la bozza di delibera dopo aver fatto i
conti con la calcolatrice, possibilmente solare, inquina meno. Allora, dicono,
per far quadrare i conti occorrono, facciamo un esempio, 10 milioni di euro.
Alla Regione presentiamo pezze d’appoggio tarocche per un importo
corrispondente, consulenze false e qualche prestanome si trova. A quel punto la
giunta regionale cosa fa? Eroga i 10 milioni di euro e i conti riportano. La
fregatura inizia quando su quella somma qualcuno inizia a farci la cresta. Il signor
Daccò si accontentava di poco, il 18 per cento. Abbiamo sentito di personaggi
che non scendevano sotto il 20 neppure con l’intervento dall’alto di Gesù
Bambino, per cui ci può stare. Il denaro intascato confluiva direttamente in
conti esteri che servivano a pagare un po’ di tutto, ville, yacht, cene e
pranzi di Natale, convegni e congressi, gite e soggiorni, settimane terapeutiche
nelle beauty-farm, camicie a fiori, pantaloni rossi, cinture blu e una serie di
applicazioni UVA in strutture specializzate. A rompere il giocattolo, come
quasi sempre accade, è il pentito di turno, quello che i soldi se li vede
passare sotto il naso e può solo sentirne l’odore. E allora vengono fuori le
cene di Natale con esponenti del mondo sanitario legati a Cl, brindisi con
Formigoni e Daccò a capotavola, gite fuori porta e fuori acque territoriali, agende con
intestazioni in oro zecchino che hanno lo strano vezzo di scomparire manco
fossero rosse. Il pentito della Maugeri, quello che ha messo nei guai Daccò e
mezza giunta regionale lombarda, si chiama Gianfranco Mozzali di professione
factotum, uno di quelli che dei soldi sentiva solo l’odore e non la consistenza
in tasca. Ai giudici ha raccontato tutto, proprio tutto e i magistrati si sono
fatti un’idea molto precisa di quanto, in 10 anni, l’amicizia Formigoni-Daccò sia costata alle casse della Regione Lombardia: 200 milioni di euro dei quali oltre
70 hanno preso vie diverse da quelle del libretto di risparmio della
Fondazione. Ora, comunque la si voglia mettere, in quasi tutti gli affari non
cristallini della politica lombarda, emergono sempre personaggi di spicco
legati a Cl. Ci sarà pure una ragione per cui la riteniamo una congrega e non una
congregazione. O no?
Ti rendi conto? Io ci vivo...
RispondiEliminaMarco
Nel Lazio sta succedendo la stessa cosa, siamo in odore di fine impero berluschino. Che schifo!
RispondiEliminaK.