Alla
fine, volente o nolente, vuole sempre essere l’ago della bilancia. Il suo
collega di partito, onorevole Buttiglione, aveva appena detto che l’Udc avrebbe
lasciato le sue poltrone nel consiglio regionale del Lazio, che Pierfy ha fatto sapere che
lui ci deve pensare, ci deve ragionare, deve soppesare, analizzare,
sintetizzare e poi decidere. Il maledetto vezzo democristiano di non prendere
mai nessuna decisione, ma lasciare che il tempo decanti le situazioni, resta e
resterà impresso per sempre nella mente del Cocorito di Forlani, altrimenti che
Cocorito sarebbe? Lo stato dei fatti è questo. Oggi i consiglieri regionali del
Pd si sono dimessi in blocco. Nel pomeriggio, a stretto giro di lanci d’agenzia,
si sono dimessi quelli dell’Idv, di Sel e dei Verdi. Chi resta per il momento l’unico
baluardo a difesa di Renatina? Ma l’Udc, of course, e che c’erano dubbi? Casini
è Casini e se ripetessimo ancora una volta che nel nome sta il destino delle
persone, non faremmo un cent di danno. Lui, sempre il Pierfy, è pronto a salire
sull’ennesimo carro del vincitore, cosa che gli riesce abbastanza bene visto il
fiuto affinato in anni di doroteismo d’accatto. Solo che stavolta ci si sono
messi di mezzo i vescovi e, a meno che sua eminenza Camillo Ruini non gli abbia
consigliato anche lui di staccare la spina agli encefalici dei pidiellini, la
parola di Bagnasco e quella di Villani non bastano, soprattutto tenendo in considerazione
che il cardinale Carrozziere non si è ancora pronunciato. Questa volta Casini
non potrà neppure tirar fuori l’alibi della governabilità perché cosa è rimasto da governare in una regione come il Lazio, stentiamo a decifrarlo, men
che meno a capirlo. Ha ragione Di Pietro quando dice che il controsenso
esistenziale del centrosinistra non è l’Idv ma l’Udc. E ha ancora ragione il
bucolico presidente dell’Italia dei Valori quando paragona il Pierfy al moscone
verde attaccato al culo dei somari. La fregatura per Casini vostro è che qualche volta, da quel
culo, non sempre esce acqua di colonia.
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