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lunedì 17 giugno 2013

Maroni si 'grillizza'. E come il leader del M5S rischia la scissione.

Il M5S doveva essere la fotocopia del fenomeno Lega di qualche anno fa. La differenza è che la Lega impiegò un po' di tempo per esplodere, mentre il Movimento di Grillo è esploso subito. Al primo colpo. Mai la Lega ha avuto 9 milioni di voti però, quelli che ha avuto, li ha sfruttati alla grande, 'magnando' a più non posso una volta che l'aria contaminata di Roma li aveva contagiati. Sull'orlo della disperazione, e pensando che alzando il tono della voce le lancette dell'orologio potessero tornare indietro, Maroni ha smesso i panni del tastierista di piano bar, per indossare quelli del cacciatore di teste dissenzienti. E nell'ordalia c'è finito pure il fondatore, padre putativo e naturale, leader maximo incontrastato del raggruppamento dei baluba nordici che fu la Lega Nord. A Umberto Bossi, detto il Senatùr, Bobo Blues non le ha mandate a dire. Esattamente come per i 5S, in cui uno è uguale a uno meno il capo che è di più, Maroni, constatata l'assenza di Bossi all'Assemblea Federale che doveva indire il congresso, è sbottato: “Deve portare la giustificazione, cazzo! Umberto è uguale agli altri”. Ora, a parte che ci farebbe scompisciare dalle risate vedere Bossi che va a via Bellerio accompagnato dai genitori, ma l'impressione che ricaviamo dal Maroni 'tosto' è che la disperazione stia tracimando, che le idee dei vichinghi adoratori di Odino non siano mai state tanto confuse e che l'essere ridotti ormai a un prefisso del telefono, abbia fuso le ultime bronzine di un motore ingolfato e resa inabile l'unica sinapsi, desolatamente vagabonda, che gira ancora in cervelli spappolati dalle bistecche d'orso. Cacciata a pedate (della cosa però non si hanno notizie certe né una documentazione ufficiale), l'istigatrice degli stupri etnici, Dolores Valandro, ascoltata la dichiarazione delirante di Borghezio contro Nigel Farage, reo di averlo espulso dal gruppo europeo del quale faceva parte, con il partito in piena crisi di identità, Maroni ha deciso di fare il 'Grillo' e di mettere mano alle espulsioni di tutti i dissidenti, di coloro cioè che si rifiutato di sottostare ai suoi ordini demenziali. E per dare concretezza alle minacce, Bobo Blues ha congelato il congresso, rimandandone la convocazione all'assemblea federale di settembre quando, secondo lui, il repulisti nella Lega sarà completato e gli oppositori tacitati o cacciati. Rischia anche Bossi del quale sia Fabio Rainieri che in modo più velato lo stesso Tosi e perfino Calderoli, hanno chiesto la testa. L'accusa è quella di non essere più “motivo di attrazione di voti”. Insomma Bossi, dopo gli scandali che hanno coinvolto la sua famiglia, fa scappare i leghisti facendoli confluire nel M5S dove, considerate le posizioni di Grillo sullo 'ius soli', dicono abbondantemente la loro. E a proposito di 5Stars, o di pentastelluti, c'è da registrare il fatto che oggi si terrà il processo per direttissima contro la senatrice Gambaro, rea di aver dato tottò sulle manine del Capo chiedendogli di moderare i toni. Gli strateghi di Gaia stanno disponendo in campo le forze. Sanno di essere in maggioranza e, avendo il vezzo di vincere facile, probabilmente stringeranno nell'angolo la senatrice. C'è da dire che la Gambaro, niente affatto impaurita, ha detto chiaro e tondo che se Grillo non smette di minacciarla lo denuncerà e la stessa cosa farà con i colleghi che alzeranno i toni o, nella peggiore delle ipotesi, le mani. Secondo le regole del non-statuto, oggi l'assemblea dovrebbe decidere sull'espulsione della senatrice ma la parola finale dovrebbe toccare alla Rete, a quei tremila registrati ufficiali nel blog di Grillo, che non si sa bene né perché, parlano a nome di tutti i cittadini italiani. A prescindere dall'arroganza di una pretesa che non sta in cielo né in terra, visto che non ci sentiamo manco p'o' cazzo rappresentati da loro, anche il ridottissimo “popolo del web” dovrebbe votare per la cacciata della Gambaro. Grillo non lo sa, o forse sì, ma è già pronto lo statuto dei nuovi gruppi parlamentari dei “dimissionari” dei 5S. “Meglio pochi ma buoni”, tuona ancora Beppe che se la prende un'altra volta con i giornali e i giornalisti, il rischio è che quei pochi diventino “nessuno”. Ma noi siamo nati soli e soli vogliamo restare.

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