Qualche
giorno fa, legittimamente soddisfatti per l'introduzione di 13 nuovi
siti italiani nei luoghi che l'Unesco tutela a nome dell'intera
umanità, dicemmo che per l'Italia e per gli italiani tutto questo
ben di dio era una iattura. Che i palazzinari toscani erano incazzati
come iene e che gli immobiliaristi erano entrati in uno stato di
pericolosa fibrillazione cardiaca con seri rischi di ictus
devastanti. Ma si sa, l'Unesco dà e l'Unesco toglie. Vi credevate
che dopo i crolli, i furti, le devastazioni, le dimissioni di Sandro
Bondi, la situazione del sito archeologico di Pompei fosse migliorata? Ma manco
p'o' cazzo. Peggio di prima. Tanto che l'Unesco, una pericolosa
agenzia delle Nazioni Unite famosa per non farsi mai le minchie sue,
stanca di essere presa per i fondelli dagli statisti italiani, ha
lanciato l'ultimatum: “O entro sei mesi provvedete a turare le
infiltrazioni d'acqua, costruire le canaline di drenaggio, coprire i
mosaici che la luce del sole danneggia, demolire le costruzioni
improprie non previste dal piano concordato con l'Unesco e non
assumete personale adeguato o son cazzi vostri”. C'è da dire che,
mesi addietro, l'Unesco aveva stanziato 20 milioni di euro per un
primo intervento di recupero e consolidamento. Che fine abbiano
fatto, ovviamente, nessuno lo sa. Giovanni Puglisi, che della
commissione italiana dell'Unesco è il presidente, per il momento si
mantiene sulle generali, dice e non dice che Pompei rischia di essere
estromessa dai siti dell'agenzia delle Nazioni Unite per il
patrimonio culturale mondiale, insomma, fa le battutine. L'ultima in
ordine di tempo è stata: “Il primo ministro Letta(Letta, nda) ha
detto che si sarebbe dimesso se ci fossero stati ulteriori tagli
alla cultura. Nel caso di Pompei – ha ridacchiato Puglisi –
qualche taglio c'è stato... anche se camuffato”. Ecco, LettaLetta
camuffa. Mica solo Pompei. Lui camuffa tutto e poi, da quel
gentiluomo virtuoso che è, non mente... omette, capita la
differenza, campioni d'ipocrisia? LettaLetta camuffa l'Iva, l'Imu,
l'energia elettrica che invece di farci risparmiare 5 euro l'anno ci
costerà (notizia di ieri mattina) l'1,4 per cento in più. Camuffa i
tagli alla scuola, alla ricerca, l'aumento delle sigarette
elettroniche e, ma scommettiamo che nessuno se n'è ancora accorto,
delle marche da bollo. E poi, camuffa un autunno che più caldo di
così non si potrà. Lo ha detto Saccomanni: “E i tagli dolorosi
dovranno ancora venire”. Privo di coraggio, di fantasia, di uno
slancio di sana follia (se li avesse che balenottero bianco
sarebbe?), LettaLetta è peggio di Mario Monti, visto che con lui
qualche leggina ad personam passerà, lo ha detto ieri Anna
Finocchiaro e c'è da crederle. Ma torniamo al nostro patrimonio che,
siccome appartiene all'umanità, è nostro solo perché si trova sul
territorio della nazione più indifferente, apatica e menefreghista
che esista al mondo. Vendiamolo, dio bono. Cominciamo da subito.
Dunque, Pompei la smontiamo e la rimontiamo in Baviera. L'Etna è
facilmente trasportabile in Scozia, almeno il Lago di Lochness avrà
uno scenario più accattivante. Le ville medicee ne diamo una a testa
a: Denver, Baltimora, Oklahoma City, Reno, Las Vegas, Philadelphia
(ma solo perché ci ricorda i formaggini), Chicago, Boston, New York,
Honolulu, Los Angeles e San Diego. I giardini di Boboli li piantiamo
a Shangai e la Torre di Pisa a Mumbay (fa pendant con il Taj Mahal).
Il Colosseo potremmo cederlo ai berlinesi, mentre la Fontana di Trevi
potrebbe fare la sua porca figura a Innsbruck Centro. Ci scommettiamo
la reputazione che in queste nazioni e in queste città, i nostri
monumenti farebbero alzare il Pil almeno di un punto, mentre da noi
ci costano un punto e mezzo. Questione di prospettiva, ma anche di un
optional solo italiano che si chiama rispetto.
Nessun commento:
Posta un commento