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giovedì 28 marzo 2013

Silvio: “Io o Letta al Quirinale”. Il Cavaliere scopre le sue carte ma niente di nuovo. Lo sapevamo già.

La sala dei Corazzieri
Non lo vuole nessuno se non, forse, i maggiordomi e la new entry nella greppia del Pdl, l'ex ministro degli Esteri, Giulio Terzi di Sant'Agata. A Silvio del Quirinale non frega una mazza, di sette anni di impunità sì. È il suo obiettivo da sempre, e non per esclamare davanti a Michelle Obama: “Wow!”, come Fonzie in Happy Days, né per nobilitare, dalla sua eventuale residenza sul Colle, il “culona inchiavabile” detto per celia a Angela Merkel. Silvio è alla ricerca dell'impunità permanente, ancora di più oggi, dopo la condanna a sette anni (il 7 è il numero sfigato di Silvio) di Marcello Dell'Utri e un cerchio che si sta pericolosamente chiudendo intorno a lui. È il ricatto in nome e per conto della governabilità. È l'ultimo ricatto all'Italia e agli italiani, almeno a quei due terzi che non lo hanno votato. È l'ultimo sfregio alle leggi e alla Costituzione, alla politica intesa in senso alto e nobile e al pudore, perché non c'è nessuno sulla scena internazionale, più impresentabile di lui. E poi, diciamolo, non fosse che per la grande legge dei numeri, non gli può andare sempre tutto liscio. Silvio è stato sempre, letteralmente, riesumato dai suoi presunti nemici. Iniziarono i rifondaioli, ospiti quotidiani di Emilio Fede, hanno finito un anno e qualche mese fa, i pidini, ospiti quotidiani di Bruno Vespa. Dato per morto almeno quattro volte, è risorto proprio per merito di quelli che avrebbero dovuto mettere la croce sulla fossa o chiudere con il cemento a presa rapida, il loculo nel mausoleo di Cascella. Se fossimo un paese anglosassone, le vite a disposizione di Silvio, come per i gatti, sarebbero ancora 5. Siccome siamo italiani, le chance a sua disposizione sono solo altre 3 e, statene certi, il Cavaliere le sfrutterà tutte fino alla fine. Se Silvio dovesse andare al Quirinale, il merito sarebbe tutto del M5S, almeno questo, Grillo dovrebbe riconoscerlo. Dimostrerebbe inequivocabilmente il suo teorema che i politici sono dei gran “puttanieri”, Silvio, infatti, ne sarebbe il migliore testimonial. Grillo ci sta simpatico, i grillini lo stesso. Se un giorno dovessimo fare outing ne sapreste delle belle sul nostro ultimo voto nel segreto della cabina elettorale, ma non è tempo di parlare di noi. La sensazione è che l'Italia abbia perso l'ultima occasione utile per cambiare, per darsi priorità che i precedenti governi di centrodestra e dei tecnici, hanno sempre considerato optional inutili. La sensazione è che giocare allo sfascio in questo momento, significherebbe ereditare un mucchio di macerie nel quale potrebbe vivere, e con qualche difficoltà, solo quell'Uomo di Similaun citato ieri. Siamo davvero una nave alla deriva, e la fregatura è che non abbiamo manco uno Schettino qualsiasi a pilotarla. Il vuoto. Intorno c'è il vuoto, anzi peggio. Ci sono i dati macro e micro economici che annunciano un baratro dal quale usciremo, forse, fra dieci anni, quando i giovani di oggi saranno vecchi e il loro futuro sarà sulla strada, con un trolley di seconda mano, a cercare l'elemosina su Pont Neuf, sperando che la Francia sia uscita nel frattempo dalla crisi nella quale è entrata. E a fronte di uno scenario apocalittico, Silvio punta al Quirinale, fa dimettere il nobile ministro degli Esteri per il definitivo de profundis al governo Monti, alloca Brunetta capogruppo alla Camera per non permettere a nessuno di parlare, ventriloqua Alfano per fargli dire cazzate sovrumane nelle quali, fintamente, crede, guarda estasiato le sue troie (grandissimo, Franco) e pensa in quale angolo della Sala dei Corazzieri piazzerà il palo per la lap-dance. Dopo Bertinotti e Vendola, Kossiga e D'Alema, Mastella e Veltroni, Fassino e Consorte, Napolitano e Bersani, Silvio ha trovato in Beppe Grillo il suo rianimatore di fiducia. Altro che igienista orale!

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