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sabato 30 marzo 2013

Sorpresa nell'uovo di Pasqua della politica: Napolitano pensa alle dimissioni. I giornalisti, sempre più frustrati, non sanno a che san Giuseppe votarsi.


Buona Pasqua, Beppe...
Nulla di fatto nel giro lampo di consultazioni del Presidente della Repubblica. Nessuno dei partiti ha compiuto il fatidico passo indietro. Oddio, forse il Pdl che, attraverso le parole del suo leader, ha detto che a lui sta bene anche Bersani, però vuole andare al Quirinale, direttamente e senza passare dal via. È a questo punto che Giorgio Napolitano ha iniziato a prendere in seria considerazione l'ipotesi di dimissioni anticipate, le sue. Il Presidente, come tutti sanno, è nel “semestre bianco”. L'unica possibilità che la Costituzione gli concede, è quella dell'ordinaria amministrazione. Nessun atto importante da sottoscrivere e nessuna decisione “di peso” da poter prendere, di conseguenza neanche lo scioglimento delle Camere. A questo punto, considerati i veti incrociati, non sarebbe possibile neppure il ritorno alle elezioni, visto che il Presidente non può compiere l'unico atto che le abiliti. C'è da dire, che le dimissioni di Napolitano non avrebbero nulla di eroico né di sconvolgente, ma sarebbero la presa d'atto di una situazione di sostanziale ingovernabilità, letale per l'Italia, e dell'urgenza di porvi rimedio in tempi brevissimi. Un rischio c'è, tornare a votare con il Porcellum. A quel punto non ci salverebbero neppure le risurrezioni di De Gasperi, Berlinguer e Pertini. Purtroppo, e questo Grillo lo sa, siamo a un punto morto, esattamente quello che sperava. I toni delle sue dichiarazioni sono tornati a essere quelli dei comizi, dei Vaffa Day, dello Tsunami Tour. Ce n'è per tutti, vivi, morti e defunti apparenti, ex fascisti ed ex comunisti, banchieri e telefonici, industriali e impresari edili e, vecchia-nuova entry, i giornalisti. Tuona, Beppe, contro la stampa italiana, al 60 posto nella classica mondiale della stampa libera, poi, però, è il primo a rifiutarne ogni contatto, ogni rapporto, definendone i rappresentanti, “frustrati”. Grillo sta, coerentemente, perseguendo gli obiettivi di Casaleggio. Non brillando per dialettica politica, abbastanza analfabeta, culturalmente un gradino sopra un accanito lettore di Chi, Beppe sa che non potrà mai arrivare al 100 per cento dei parlamentari e al controllo totale del paese. L'impressione, poi, è che nelle passata tornata elettorale abbia raschiato il fondo del barile, che il prossimo dualismo sarà fra lui e il Cavaliere, e che il popolo della destra (alias i berluschini convinti) non sono come i quacquaracquà della sinistra, che se non si fanno male da soli, non dormono tranquilli. Beppe sa che di ingovernabilità in ingovernabilità, l'Italia imploderà, affogando nella sua stessa merda, e questo gioco gli piace, tanto, immensamente: nel 2042 l'anidride carbonica prenderà il posto dell'ossigeno, che cazzo gliene frega a lui di come ci si arriverà? Ma c'è qualcuno disposto a scommettere che se si dovesse tornare alle elezioni, ci sarebbe una forza vincente? Qualcuno in grado di governare non un Paese ma le sue macerie? E cosa dirà, Beppe, ai suoi amici industriali della Marca Trevigiana quando non arriveranno i rimborsi dell'Iva e i pagamenti per le opere fornite alla Pubblica Amministrazione? Con quale coraggio potrà guardare negli occhi i ragazzi ai quali avrà rubato, anche lui con la speranza della maggioranza assoluta, un pezzo di futuro? Ma queste domande, Beppe se le pone o lascia fare a Casaleggio che sta diventando sempre di più un soggetto da manuale psichiatrico? Ne siamo convinti. L'Italia ha perso una grande occasione per tornare a essere un paese quasi normale. L'ultima.

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