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domenica 17 marzo 2013

Silvio, versione Stevie Wonder, contestato per strada: “Buffone”. Se un comico non fa più ridere diventa cattivo, come Lenny.


Ma lo avete visto Silvio con gli occhiali scuri e il berretto da baseball? Ci pensate che per 20 anni questa sintesi perfetta del ballismo senza frontiere, ha governato indisturbato l'Italia? Ci pensate che, nonostante tutto, ieri ha tentato, provando a convincere i montiani, di far rieleggere alla presidenza del Senato il mister Mandarino di un paio di boss mafiosi colti in divieto di sosta? Le ha tentate tutte, poverino. Consigliato da quel genio del tatticismo politico che risponde al nome di Roberto Calderoli (noto come l'applicazione della teoria della stronzo), Silvio ha riproposto, paro paro, Renato Schifani alla seconda carica dello Stato, sperando di ripetere il miracolo della elezione di Carlo Scognamiglio contro Giovanni Spadolini. Altri tempi, altre tempre d'uomini, che però le metastasi berlusconiane stavano già attaccando e avrebbero, a breve, definitivamente schiantato. Finita la politica dei galantuomini, è arrivato Silvio che si è portato appresso una corte dei miracoli che manco il lungosenna parigino prima della Rivoluzione. Ieri, davanti alle telecamere, sono apparsi i rottami di quella corte. Maurizio Gasparri: “Tanto Bersani i numeri per governare non li ha, tiè!” 2232-Fabrizio Cicchitto: “Che discorso stupido, vuoto e senza senso, quello della Boldrini, tiè!” O' Schiattamuort: “Il Pd deve prendere atto che senza di noi non ci sarà nessun governo, tiè!” E Silvio comincia, forse per la prima volta, ad aver paura. Paura di perdere tutto e di finire in galera. Paura che la velata minaccia dei senatori del Pd di votare a favore della sua richiesta d'arresto, qualora si verificasse, si possa trasformare in una invivibile (per lui) realtà. Berlusconi ha paura. Lo sforzo di ieri di piazzare Renato Schifani al Senato, è stato più che la dimostrazione di contare ancora qualcosa, il tentativo disperato di rientrare in gioco.
Non c'è riuscito, nonostante le lusinghe ai montiani, nonostante il tentativo di qualche compravendita in extremis, come se il mondo fosse pieno di Razzi e di Scilipoti. Silvio è in piena crisi di identità. Non sa più se è un imputato o un senatore della repubblica, un nonno pacificato o un mandrillo perennemente infoiato. Una cosa è certa, se è vero l'adagio che 'a minchia nun voli pinzeri, Silvio lo vediamo messo veramente male, altro che le Scapagnini Pill's, ci vorrebbe una grù. La giornata di ieri però, non ci ha consegnato solo un Berlusconi perdente e disperato, ma anche un Beppe Grillo che, per la prima volta, non abbiamo capito. Ieri non si votava la fiducia a nessun governo, non c'era un programma da approvare o da respingere, nessuna invettiva da urlare, nessun referendum da sostenere. Si trattava semplicemente di votare una “istituzione”, la seconda carica dello Stato. Dal momento in cui si sceglie la strada democratica della rappresentatività, se ne rispettano anche le regole, altrimenti si resta fuori e si sbraita quanto e come cazzo si vuole. Ieri, detto per inciso, c'era da fare una scelta che andava oltre il riempire una casella dell'organigramma della repubblica, c'era da dare un segnale forte e inequivocabile di scelta di campo: o l'antimafia o... Ci sono momenti in cui astenersi, non sporcarsi le mani è peggio di una chiamata di correità. E ieri le mani occorreva sporcarsele. Non sappiamo se Beppe Grillo della Sicilia conosca solo lo Stretto o ne abbia afferrato un po' il senso, quello che è certo è che i suoi senatori, nel momento in cui si sono ritrovati a dover decidere, hanno deciso per il voto a Grasso. Emblematico il perché: “Se passa Schifani, quando torniamo a casa ci fanno un mazzo così”. La sensazione è che Beppe Grillo, al quale riconfermiamo la nostra stima a termine, stavolta non abbia capito un cazzo e che, come il mitico Lenny Bruce, si sia incattivito a tal punto che corre il rischio di non trovare più nessuno ai suoi spettacoli. Una sala vuota, o riempita dalla claque, non serve a niente. E Beppe lo sa.

PS. Piccolo appunto campanilistico. Noi marchigiani non abbiamo solo gli inguardabili Spacca, Donati, Canzian, Viventi e via dicendo. Ora c'è Laura Boldrini. Scusate se è poco. Tutta la nostra solidarietà va agli amici abruzzesi che continueranno a essere rappresentati da... Totonno Razzi.

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