Sembrava
che avessero dato l'addio alla politica, invece il leader Maximo e
Uolter sono sempre qui a scassare la minchia. Siamo convinti che l'”1
per cento a Mediaset” e il romanziere più letto degli ultimi 150
anni, avessero calcolato tutto. Avessero, cioè, puntato su questo
risultato elettorale per rientrare sulla scena di un governissimo
Pd-Pdl. D'altronde chi ha parlato per primo di “grosse koalition”
all'italiana se non il Uolter trombato alle elezioni? E chi definì
Mediaset una “grande impresa culturale” se non il Massimo
baffetto? I due campioni del trasformismo, con Silvio si trovano
bene, si sentono a loro agio convinti di essere più belli e più
intelligenti dello psico-nano. E siamo pure convinti che si siano già
ritagliati i ruoli, i compiti, le mission della loro rentrèe
politica: D'Alema, ministro degli esteri (il suo pallino), Veltroni,
ministro della cultura, con Bersani premier, Alfano vice, Silvio
ministro dell'economia, Brunetta alla batteria, Letta al basso,
Gasparri alla tromba, Dell'Utri allo scacciapensieri, la Santanchè
vocalist. Come si può notare, un governo prestigioso, con pezzi da
novanta a gogò e un'idea della politica che fa il paio con le loro
misere aspirazioni umane. Chi invece cerca di ragionare è, come
sempre, la base dei partiti, quella che va a votare e vorrebbe che il
suo voto contasse qualcosa. È di queste ore la presa di posizione
netta della base del M5S, che vorrebbe collaborare con Bersani su
pochi e chiari punti che, alla fine, sono quelli che abbiamo elencato
nel nostro post di ieri. Ed è sempre di queste ore, l'invito della
base del Pd a Bersani, di cercare in tutti i modi un'intesa di
programma con Grillo, chiudendo definitivamente la porta a Silvio e
al Pdl. I grillini si sono spinti oltre e hanno proposto al loro
leader un vero e proprio web-question-time sulla linea politica
futura del Movimento. I commenti che si possono leggere sul blog di
Grillo, sono quasi tutti a favore di un accordo limitato alle convergenze,
su alcuni punti, fra il M5S e il Pd, con la convinzione che una legge
sul conflitto d'interessi, sulla corruzione, su una nuova legge
elettorale, sulla riduzione dei parlamentari e dei loro stipendi,
possano rappresentare una base di partenza concreta e un modo di far
capire agli italiani che la politica sta cambiando. Un militante ha
scritto anche: “Scusa Beppe, senza polemizzare, ma mi spieghi dove
sta la democrazia in rete? A me pare che qui scegli tutto tu. Non
potresti lanciare un sondaggio su come muoversi? Che so magari
scopriresti che la maggioranza è per questa linea. Però se tu lanci
i tuoi strali dal blog e noi qui passivi, non capisco la differenza
tra il M5S e i vecchi partiti”.
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giovedì 28 febbraio 2013
mercoledì 27 febbraio 2013
In Italia vacatio totale. E domani se ne va pure il Papa.
A
memoria, l'Italia non ha mai vissuto un momento storico come questo.
Non c'è uno straccio di potere in grado di contare, di governare, di
comandare. Il Presidente della repubblica si trova nel cosiddetto
“semestre bianco”, ordinaria amministrazione e nulla di più. Non
può, ad esempio, sciogliere nuovamente le Camere. Un governo c'è, ma
è come se non ci fosse. Pensate, se a Mario Monti&Friend's
venisse in mente di fare un golpe, potrebbe farlo senza manco morti e
feriti e senza dover occupare la sede della Rai, ci sono già i suoi
colonnelli. Non c'è una maggioranza parlamentare. Ci sono solo tre
mini blocchi minoritari e, dall'aria che tira, non si vede come
possano convivere senza scontri frontali. Il presidente del Senato,
Schifani, c'è ancora, ma non ha nessun potere, sono cambiati i
senatori e la maggioranza, anche se ininfluente, ha il segno del
centrosinistra. Il presidente della Camera, Fini, c'è ancora ma non
può battere un colpo, non è stato manco rieletto. Per colmo della
sfiga, da domani sera alle 20,00 non ci sarà più neppure il Papa
che, uno dice, se proprio dovesse andar male, potrebbe anche fare il
commissario straordinario dell'Italia. Insomma, il vuoto assoluto. E
non è detto che sia un male. La Costituzione dice che, dopo le
elezioni politiche, ci sono dei passaggi istituzionali da fare, non
rinviabili, anzi, necessari. C'è da insediare le nuove Camere, e
tutti sappiano come saranno composte. Ci sono da nominare il nuovo
presidente del Senato e il nuovo presidente della Camera dei Deputati
prima di iniziare qualsiasi attività. Le nomine della seconda e
della terza carica dello Stato, saranno sottoposte necessariamente al
vaglio del M5S. Volete vedere che, da tempo immemorabile, un
inquisito o semplicemente un sospettato, non sarà né presidente del
senato né della camera? E che gli eletti saranno personaggi
irreprensibili? E dire che la seconda carica dello Stato è ambita
nientepopodimeno che da Silvio Berlusconi. Subito dopo, le nuove
Camere, dovranno procedere all'elezione del Presidente della
Repubblica. Giorgio Napolitano è in scadenza e, al contrario dello
yogurth, lui è durato sette anni invece di tre giorni. Poi si potrà
parlare di governo e allora sì, che ne vedremo delle belle. Ieri,
abbiamo seguito molto attentamente le conferenze stampa di Piergigi
Bersani “il mozzo”, Angelino Alfano “il premier in eterno
pectore” e le esternazioni di Beppe Grillo, stranamente disponibile
con i giornalisti italiani, anche se davanti casa sua a Genova.
L'impressione che ne abbiamo ricavato, soprattutto dall'atteggiamento
di un Piergigi dimesso e niente affatto autoironico, è che la palla
per possibili alleanze strategiche con il M5S, sia saldamente in mano
a Nichi Vendola il quale, sempre ieri, ha già delineato una sorta di
agenda operativa a breve. C'è da dire che l'ammirazione, più volte
esternata, di Beppe Grillo nei confronti del “sistema Sicilia”,
qualche spazio di trattativa lo lascia e, non è un caso, che l'unico
politico del centrosinistra che con Grillo ha più di un punto in
comune, sia proprio Nichi Vendola. Una differenza, però, con la
Sicilia c'è. Crocetta, al momento di insediarsi, una maggioranza
l'aveva. Il supporto del M5S alle iniziative condivise, gli ha però
consentito di bypassare anche quella parte del suo schieramento più
conservatrice. A livello nazionale, invece, il Pd non ha al Senato
una maggioranza, e vedere i grillini abbandonare l'aula di Palazzo
Madama per far scendere il quorum per l'approvazione di una legge, ci
sembra uno scenario surreale. Ma tutto è possibile. E ieri Grillo ha
detto chiaramente che il suo “è, e sarà, un Movimento delle idee
e non delle proteste”. Secondo noi, da parte del centrosinistra
basterebbe poco per avere i grillini dalla loro. Proviamo a fare la
lista della spesa. Dunque. Una nuova legge elettorale; la riduzione
drastica del numero dei parlamentari; la riduzione degli stipendi di
deputati e senatori; l'abolizione del vitalizio; la fine delle
missioni di guerra camuffate in operazioni di pace; gli aiuti alle
piccole e medie imprese; la revisione del sistema bancario e delle
fondazioni; la cessazione dei lavori per la Tav; la distruzione del
progetto del Ponte di Messina; la rinuncia agli F15; la riduzione
drastica dei finanziamenti alla Difesa; la riduzione drastica dei
finanziamenti alle scuole private, e la revisione di tutto il sistema
scolastico nazionale, dagli asili nido all'università, fino alla
centralità della ricerca; la green economy, scelta strategica per il
futuro; la tutela dell'ambiente e del paesaggio; acqua ed energia
pubbliche. Ma volete vedere che, alla fine, l'unico che ha un
programma di sinistra è proprio Beppe Grillo? Nonostante le mani
alzate in segno di resa, con cui vorrebbe uscissero fuori i politici
dal Parlamento, resta il fatto che la sinistra si è fatta scippare i
suoi cavalli di battaglia dall'ex comico. Con chi se la può prendere
Bersani che, a un certo punto, correva dietro a Casini perfino nel
cesso, se non con i cretini del suo Pd?
martedì 26 febbraio 2013
Ingovernabile a chi? Stravince il M5S e perde, ancora una volta, il Pd. Silvio sta lì, immobile, cuntent...
Silvio
e Beppe hanno fatto campagna elettorale, Bersani no. Non si discute e
i risultati si sono visti. Gatto Silvio è riuscito nella mission
impossible di rianimare i suoi elettori e, pur avendo perso un dieci
per cento netto, sta sempre lì: un governo possibile passa
attraverso di lui. Il M5S è il primo partito, era nell'aria, perfino
quella di casa nostra dove i figli sono tornati a votare dopo un paio
di consultazioni andate in bianco. Il M5S non è solo “rabbia
giovane”, e i risultati al Senato ne sono la dimostrazione.
Occorrerà fare i conti con loro, perché considerarli un fenomeno
estemporaneo e andare avanti come se non esistessero, sarebbe un
suicidio politico colossale. Il Partito Democratico ha dilapidato in
un mese tutto il ben fatto con le primarie. È riuscito dove neppure
il peggiore e più agguerrito masochista, avrebbe fallito. Ha perso
le elezioni miseramente, e in modo brutale, violento, senza aver
combattuto, senza aver dato segnali di esistenza in vita, restando a
Bettola a bere birra mentre Silvio e Beppe giravano l'Italia in lungo
e in largo convincendo (o rianimando) un elettorato sfiduciato e
deluso. Ma queste elezioni hanno dimostrato che agli italiani
interessano sì i temi del lavoro e delle tasse, ma più del lavoro e
delle tasse gli italiani vogliono, pretendono, una classe politica
onesta, che non sia corruttibile e non corrompa, che non viva di
privilegi e che pensi di risolvere i problemi dei cittadini essendo
loro stessi cittadini e non unti dal signore. Esigono, gli italiani,
che i politici non scorrazzino più nelle loro auto blu, con i
carabinieri a far da scorta a mogli prede di shopping compulsivo; che
non si ritrovino, dopo un mandato in Parlamento, con un vitalizio da
far invidia a Barack Obama. Gli italiani vogliono poter guardare
negli occhi i loro rappresentanti anche se, nel caso di Grillo, hanno
guardato nelle palle degli occhi, tramite web, solo, a questo
punto, l'ex comico. Il Pd non sa vincere, è affetto dalla sindrome
di Berlusconi, quando Silvio scende in campo i democratici si
ritirano, si appallottolano, diventano ricci con gli aculei pronti a
pungere ma solo per difesa, non attaccano più, non sono in grado di
farlo, sono incapaci di combattere e, quindi, assolutamente inadatti
a governare. Uno non pretende per forza un leader, ma gente con le
palle sì, e i pidini le palle, purtroppo per loro, le considerano un
optional, quasi una sovrastruttura. E poi sono arroganti, guardano
gli altri dall'alto in basso, non si confondono con la gente e non ne
capiscono i problemi. Per cui, chi è causa del suo male... Italia
ingovernabile, era l'esito scontato di questa consultazione e tanto è
stato. Non di queste dimensioni, ma dar torto ai fatti e ai voti
sarebbe un insulto all'intelligenza di un normodotato. Monti è stato
un flop. Anche questo era prevedibile. Nonostante i tentativi di
umanizzare Ufo Robot, l'ex presidente del consiglio non ha appeal,
mentre si ritrova con una Imu sulle spalle che pesa peggio di un
macigno. Ingroia non ce l'ha fatta e con lui tutta quella sinistra
che ha esaurito il suo percorso di vita politica. Vecchi, stanchi, un
po' retrò e un po' romantici, gli attrezzi da museo archeologico
della politica non entrano né alla Camera né al Senato. Ci dispiace
ma, anche in questo caso, i vari esponenti dei Comunisti Italiani, di
Rifondazione Comunista e di tutti i cespugli della ex sinistra
dovrebbero farsi un esame di coscienza lungo sette anni, magari in
Tibet vestiti da bonzi. La loro è una sinistra antistorica che non
ha più diritto di cittadinanza, tanto radical-chic quanto supponenti,
i sopravvissuti del Komintern hanno esalato l'ultimo respiro e si
ritroveranno a essere tutelati dal WWF come gli ultimi Panda in una
Cina soffocata dallo smog del progresso. Milioni di italiani hanno
votato ancora una volta per Silvio. In questo Paese, in molti,
cominciano a sentirsi prigionieri. Noi compresi.
lunedì 25 febbraio 2013
Contrordine. M5S primo partito, secondo il Pd, terzo il Pdl che è in vantaggio al Senato in Sicilia e in Veneto.
Instant-poll: Centrosinistra. Centrodestra. M5S, tutto come previsto.
C'è un solo One Man Show: Silvio
domenica 24 febbraio 2013
Si sapeva, Silvio ha rotto... il silenzio. E stasera a Presadiretta, Iacona parla di femminicidio. “Crimine di Stato”.
La
speranza è che un'ondata di pidini, sellini, rivoluzionari civili,
grillini e montiani lo sommerga, perché questo è l'unico metodo
democratico che esiste per farlo tacere. Perfino nel “giorno del
silenzio” elettorale, Silvio ha violato le regole e tutto, come
sempre, è destinato a finire in gloria. Approfittando spudoratamente
della conferenza stampa del Milan per farsi vedere anche ieri in
televisione, Berlusconi è andato oltre quando, con un “amico”
giornalista della stampa greca, ha parlato della situazione italiana,
secondo lui. Ha paragonato la magistratura alla mafia siciliana, ha
attaccato Bersani, Monti, Fini, Casini, la Merkel e la stampa estera
comunista e infine se l'è cavata dando la colpa al giornalista greco
che ha diffuso la sua intervista prima di domani. Talmente grossa, la
puttanata, che Palazzo Grazioli è dovuto correre ai ripari cercando
di mettere una pezza all'ennesima intemperanza senile del Capataz.
Altro che Grillo, altro che rivoluzionari civili, l'unico e solo
pericolo per la giovane, ma già stanca, democrazia italiana è
ancora lui, Silvio Berlusconi da Arcore, Papa, Imperatore e Buffone
di Corte (la sua ovviamente). Ma le urne sono aperte e, a parte
questo prologo dal vago sapore politico, oggi non parleremo di
politica ma di donne. Non siamo stati colti da un attacco di
berlusconite acuta, il fatto è che questa sera, Riccardo Iacona in
“Presadiretta”, parla di quel crimine di Stato noto come
“femminicidio”. Su “IlFattoweb”, Iacona ha spiegato perché
considera il femminicidio un crimine di Stato, motivazione
riassumibile nella totale indifferenza con la quale la repubblica
italiana continua a tenere i reati contro le donne. Se pensiamo che
ci sono voluti anni, decenni, perché nel nostro codice penale la
violenza sulle donne venisse considerato non più un reato contro la
morale ma contro la persona, il conto è presto fatto. Se
consideriamo che fino a qualche anno fa, il codice penale prevedeva
ancora il “delitto d'onore”, non possiamo meravigliarci poi se,
come dice Iacona, il ministero degli Interni non si è ancora dotato
di un osservatorio sui crimini contro le donne, per cui, anche i
numeri che vengono dati ogni anno, rischiano di non fotografare mai
una situazione che è, e resta, drammatica. D'altronde, questo fa il
paio con la legge sull'omofobia che la destra, e qualche cretino
della sinistra, continuano ancora a tenere bloccata in Parlamento.
Volendo tornare sui numeri, potremmo anche dire che rappresentano
solo la punta dell'iceberg di un fenomeno che è molto più vasto,
diffuso e sottile di quanto possa sembrare. I numeri si riferiscono ai
“delitti certificati”, quelli che i giornali riportano con sempre
minor interesse e togliendo progressivamente una decina di righe a
pezzo. Non vengono tenute infatti in considerazione le donne che si
rivolgono alle comunità di accoglienza, quelle che denunciano per
stalking i loro partner o gli ex, coloro che si rivolgono alle forze
dell'ordine per chiedere una maggiore protezione contro un congiunto
particolarmente violento. Poi, sempre i numeri, non tengono in
considerazione le donne che non denunciano i partner per vergogna,
per non sfasciare la famiglia (come se essere picchiata sia un segno
di serenità domestica), che subiscono senza reagire non solo
violenze fisiche ma anche, e soprattutto, psicologiche che finiscono
per distruggere l'anima oltreché il corpo. A questa donne
occorrerebbe fare un appello composto da una sola parola: denucia.
Perché, nonostante sia una comica, ha ragione Luciana Littizzetto che
a Sanremo ha detto “Dopo uno schiaffo ne arriverà un altro e poi
un altro ancora”, e la conclusione di queste serie di schiaffi, è
sempre una e una sola, il cassonetto o un campo in periferia
destinato ad accogliere il falò del corpo di una donna. Non abbiamo
mai capito chi picchia le donne, e dire che a volte si incontrano
soggetti (femminili) ai quali un po' di sano tottò sul culetto non
farebbe una lira di danno, eppure, nonostante le profonde incazzature
che una donna può scatenare, il fatto stesso di metterle una mano
addosso ci scatenerebbe un conflitto interiore da suicidio. Abituati
a non sopprimere neppure i ragnetti che ogni tanto ci salutano dalle
pareti di casa, il solo pensare a un gesto di violenza contro un
altro essere umano, ci sconvolge profondamente. Non si tratta di
essere gentiluomini, basta essere uomini.
sabato 23 febbraio 2013
Silenzio... si vota.
Due o
tre cose che riteniamo insopportabili prima di tentare una difficile
previsione. Non sappiamo se Silvio sia sempre presente a se stesso.
Ignoriamo, in poche parole, se riesca a mantenere il cervello
collegato 24 ore al giorno con la bocca che ne esprime le idee, le
“pensate” direbbe Eduardo, o se la voce segua altri percorsi,
subisca l'influenza di altre parti del corpo, soprattutto di quelle che
partono dalla cintola in giù. Rimborsare l'Imu con i suoi soldi si
chiama voto di scambio. È un reato da codice penale. Non c'è
nessuna differenza con la 'ndrangheta che si faceva pagare 50 euro a
voto da Domenico Zambetti. È un assurdo giuridico che nessuno
intervenga per bloccarlo, perché Silvio, in poche parole, ha detto
agli italiani che li pagherà in cambio della loro preferenza.
Abituati a prendere per cazzate barzellettistiche ogni uscita del
Capataz, non vorremmo che anche quest'ultima sortita venga presa per
una boutade, semplicemente perché non lo è. Perché è un fatto
gravissimo. Perché qualche milione di pensionati ci cascherà
ancora, proprio come quelli che hanno la faccia un po' così e che
vivono a Genova. “Rimborserò l'Imu con soldi miei”, dopo che
dalla Svizzera gli hanno fatto sapere che l'accordo con le banche non
si potrà realizzare a breve, era l'ultima chance rimasta al
Cavaliere per non sputtanare un'idea sulla quale ha investito una
parte importante del suo patrimonio. Peccato sia un reato, ma a
Silvio che volete che gliene freghi di un reato di più o di un reato
di meno? Anche Mario Monti ha subito la modificazione genetica di cui
sono vittime tutti coloro che si avvicinano alla politica italiana.
Ormai è una vera e propria maledizione. Dopo venti anni di
berlusconismo, i politici nostrani vivono di stupidaggini, di false
promesse, di sogni irrealizzabili, di una presa in giro coordinata e
continuata dei cittadini che, a questo punto, non riescono più a
distinguere fra sogno e realtà. Mentono. Spudoratamente. Senza
limiti e senza vergogna. Si costruiscono carriere mai fatte e si
fanno portatori di pensieri di altri, di solito personaggi pubblici
che non si sarebbero mai sognati di dire quello che gli viene messo
in bocca. Così è accaduto anche al Professore che, colto
dall'enfasi oratoria e non sapendo più a che santo votarsi per
superare la soglia psicologica del 10 per cento, ha fatto dire ad
Angela Merkel: “Non voglio il Pd al governo”. Fra una foto con
il cane e una con i nipotini, cadute di stile ma non inquadrabili nel
contesto dei reati, l'improvvida uscita sulla Merkel ha fatto cadere Monti nel baratro dei politici made in Italy: mentitore come
gli altri e amen. Poi c'è chi parla un po' per provocare, un po' per
sproloquiare. Non avendo nessuna preparazione politica né il senso
della “continenza”, si lascia andare a battute che farebbero
rabbrividire anche il più rivoluzionario anarchico di un paese senza
più valori. Allora si fa l'occhiolino alla mafia, si corteggiano i
nazi-fascisti di Casa Pound, si forniscono le coordinate geografiche
di Montecitorio ad Al Quaeda, si invitano i politici ad alzare le
mani in segno di resa. Se c'è un'offesa che può essere fatta alla
dignità di una persona, è quella di farle alzare le mani in segno
di resa. È una intimazione che appartiene ai violenti e ai
dittatori, ai sopraffattori e ai vigliacchi perché dire a qualcuno
“Mani in alto”, significa avere nelle proprie almeno una
pistola. Abituati a decenni di filmacci, far alzare le mani al nemico
era il momento di consacrazione dell'eroe vittorioso. Ma a noi, che
non sopportiamo né i santi né gli eroi preferendo i poeti, quell'ordine
è sempre parso un crimine contro l'umanità. Quando Beppe Grillo lo
ha detto, riferendosi ai politici italiani, ci siamo immaginati una
fila di donne e di uomini che usciva con le mani alzate da
Montecitorio, mentre ai lati, i grillini con il kalashnikov ak 47 in
mano, ne controllavano le mosse. Nei loro occhi c'era un senso di
sperdimento che con l'umanità non c'entra nulla, esattamente come
quelli dei bambini del ghetto di Varsavia, costretti ad alzare le
mani di fronte a un fucile nazista. Se questa è la politica dei
grillini gliela lasciamo tutta. Siamo diversi, abbiamo un dna diverso
e, anche se ormai il M5S si avvia a diventare la seconda forza
politica del paese, confessiamo senza vergogna che ci fa paura. È
vero che una rivoluzione non sarà mai incruenta, ma morire per mano
di un comico miliardario no, questo proprio no.
giovedì 21 febbraio 2013
Furbi, arraffoni, superficiali, inconcludenti. Le urne che accolgono pesci.
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L'immagine è di Giuseppe Piscopo |
La campagna elettorale delle balle spaziali. Da Monti a Berlusconi a Giannino è tutta una cazzata...
Ci raccontano di file di pensionati
davanti agli uffici postali e alle sedi dei patronati, con la lettera di
Berlusconi in mano, che pretendevano la restituzione dell'Imu. Ci
raccontano di pensionati incazzati come iene maculate, quando hanno
appreso che si trattava solo di una promessa elettorale. Ci
raccontano di pensionate e pensionati che hanno iniziato a
bestemmiare e a inveire contro il Capataz, rendendo la sua missiva
simil-Agenzie delle Entrate, un boomerang colossale. Silvio imbroglia
gli elettori, soprattutto quelli cresciuti per anni con le sue soap,
e la colpa è dei comunisti che lo insultano, travisano i suoi
pensieri e le sue azioni, lo minacciano perché fa comprare La7 da un
suo amico. Ci raccontano di un Mario Monti in piena crisi di
astinenza da 10 per cento, che racconta balle come e peggio del suo
competitor di destra. Perché se da Berlusconi uno le cazzate se le
aspetta, dal compassato Professore-rettore della Bocconi si
pretenderebbe un po' di serietà. Evidentemente travolto dalla marea
di bestialità di Silvio, Mario Monti ha fatto scendere in campo
nientepopodimeno che Angela Merkel la quale, secondo il miglior
economista del mondo, non vorrebbe il Pd al governo. Non sono passati
dieci minuti dalla dichiarazione del Professore all'Adn-Kronos, che è
arrivata la secca smentita da Bonn. “La Cancelliera Angela Merkel
non ha mai espresso giudizi né dato pareri di natura personale sulla
campagna elettorale in corso in Italia”. Colpito e affondato, Monti
ha tentato un triplo salto mortale all'indietro ma, se possibile, il rimedio è
stato peggiore del male. Ci raccontano che Oscar Giannino, ansioso di
costruire intorno a sé l'aura del supertecnico, si sia inventato di
sana pianta un paio di master mai conseguiti. Uno può millantare di
tutto, spacciarsi anche per il braccio destro di Obama quando lo ha
visto solo in tv, ma il gioco non regge nel momento in cui diventi un
personaggio pubblico, ti presenti alle elezioni come il “risanatore”,
combatti contro la casta dall'alto del tuo curriculum e poi si viene
a sapere che quello stesso curriculum è taroccato. Se poi corri il
rischio di sottrarre voti al Capataz, è facile immaginare come i
cani ringhiosi dei suoi house organ, affondino i loro denti aguzzi
nel vivo della tua carne. Basta leggere le prime pagine di Libero e
del Giornale, seguire i titoli e i servizi del Tg4 e del Tg5 per
capire di cosa stiamo parlando. Avendo un padrone che ne ha combinate
di ogni, per competere con lui devi essere una specie di San Giorgio,
immacolato e pure vergine, se vuoi sconfiggere e uccidere il drago.
Ci raccontano, ma visto che la fonte è Il Giornale occorrerebbe
verificare, che Beppe Grillo si sia tirato fuori dai guai con il
fisco e l'abusivismo edilizio, usufruendo dei due condoni tombali che
i governi di Silvio vararono tempo fa. Ora, Grillo non ha fatto altro
che usufruire di due leggi dello Stato, giuste o meno, ad personam o
meno, i due provvedimenti erano stati pubblicati sulla Gazzetta
Ufficiale e, quindi, resi esecutivi. Ma siccome il Grillo s-parlante
tira fuori a ogni piè sospinto la moralità, ci chiediamo, e gli
chiediamo se usufruire di due leggi per sanare un reato comunque
commesso, sia morale oppure no. Attendiamo una risposta che non
arriverà mai, comunque, come sempre, quello che pensiamo, scriviamo.
Ci raccontano di come il Pd abbia scelto la linea del silenzio, quasi
della reticenza, sull'affaire Monte Paschi. Ma mettiamoci per un
momento nei panni di Piergigi. Dopo l'esperienza disastrosa della
Bnl, e dopo quella telefonata Fassino-Consorte che fece rinascere un
Berlusconi già morto e sepolto, quando è scoppiato lo scandalo del
MPS, Bersani si è visto davanti all'ennesimo baratro di questa
pseudo sinistra così sensibile agli interessi delle banche. Gli
restava una sola via d'uscita, affidarsi al giudizio della
magistratura e al “chi ha sbagliato paghi”. Il resto, tutto il
resto, non poteva essere altro che silenzio. Ci raccontano, ma questo
c'entra nulla con la campagna elettorale, che dietro le dimissioni
del Papa ci siano questioni delicatissime, di una gravità estrema.
Nella curia vaticana è in atto una vera e propria guerra di potere,
e sembra che la lobby più potente, e più invasiva, sia quella dei
prelati gay, magari gli stessi che tuonano contro le coppie
omosessuali e le famiglie non etero. In Vaticano, insomma, si
combatte per gli stessi motivi per i quali si scende in campo in
politica: il sesso e il potere. E poi uno si chiede perché la gente
non va più a messa.
mercoledì 20 febbraio 2013
Le lettere tarocche di Silvio, l'apertura di Monti a Bersani e la “caccia” ai grillini. La campagna elettorale entra nel vivo.
C'è
chi continua a giocare con le disperazioni degli italiani. Si chiama
Silvio, di cognome Berlusconi, e l'ultima trovata è stata quella di
inviare milioni di lettere alle famiglie annunciando il rimborso
dell'Imu e come verrà effettuato. La busta, simile a quella
dell'Agenzia delle Entrate, di per sé vale il Nobel per la
contraffazione. Il contenuto, poi, altro non è che la messa nero su
bianco dell'ennesima promessa da marinaio di un Cavaliere ormai
sicuro di perdere. Se davvero, come annunciato durante quella seduta
psichiatrica che è stato il suo ultimo comizio a Milano, il Pdl
avesse sorpassato il Pd, di questa buffonata non ce ne sarebbe stato
alcun bisogno. Invece la realtà è ben diversa, e Silvio dovrà
essere grato al padreterno se riuscirà a confermarsi come seconda
forza del Paese. Perché quello che i sondaggi non vogliono (possono)
dire, è che il M5S sta andando come un treno e che chi vorrà
governare l'Italia, in qualche modo dovrà fare i conti con i
parlamentari eletti dallo tsunami Grillo. Lo sa Bersani, che ha
iniziato la manovra di avvicinamento al M5S dicendo che con i
grillini occorrerà dialogare, lo sa Silvio che, nelle ultime ore, si
sta accanendo con sempre maggiore violenza contro il comico di
professione, al contrario di lui che lo fa per passione. E lo sa
Mario Monti che, consapevole dello scarso risultato della sua
compagine casinian-finiana, ha dichiarato che con Piergigi, alla
fine, si può. Il Professore è andato oltre. Ha detto che Romano
Prodi ha tutte le carte in regola per diventare il prossimo
presidente della repubblica, ma che lui preferirebbe una donna, nel
caso specifico, Emma Bonino, sua collega alla UE quando Berlusconi li
nominò commissari. In Italia è sempre accaduto che chi è entrato
da “presidente” alle votazioni, ne è uscito con le ossa rotta.
Fare i nomi prima, insomma, significa bruciare le candidature perché
i nostri presuntuosi politici o hanno la primogenitura sulla
nomination, oppure vanno in crisi di nervi e travolgono tutto e
tutti, salvo eleggere Leone e Kossiga. C'è da dire che la vendita di
La7, da parte della Telecom, a Urbano Cairo, ha indispettito non solo
i mercati ma anche il Pd e lo stesso Professore. Se è vero, come lo
è, che Cairo oltre ad essere stato il tirapiedi di Silvio per anni,
ne è rimasto grande amico, La7 è destinata a entrare nel nutrito
gruppo degli editori fiancheggiatori di Berlusconi, come Angelucci,
come Caltagirone, come Rieffeser. Insomma, il potere mediatico di
Silvio, per il momento, è destinato ad aumentare, salvo attendere
l'esito delle elezioni di fine settimana, perché se il Capataz
dovesse perdere, assisteremmo a un riposizionamento generale degli
organi di informazione a lui vicini: i contributi per l'editoria
fanno comodo a tutti, proprio a tutti. Chiudiamo con Dario Fo, salito
sul palco di Milano insieme a Beppe Grillo mentre in sottofondo
andava la canzone scritta da Celentano per il M5S. Ha detto il Nobel
per la letteratura: “Siamo come alla fine della guerra. Ma questa
volta occorre un ribaltone”. Già.
martedì 19 febbraio 2013
Gli ultimi giorni della campagna elettorale. A Silvio, Pompei fa un baffo. E a Milano i pidiellini tentano di linciare un comunista montiano.
Nonostante
non si possano dare gli esiti dei sondaggi, Silvio se ne sbatte e
annuncia fiero che il Pdl è il primo partito, “abbiamo sorpassato
il Pd”, dice e tutti urlano e applaudono. Non è vero, lo sai lui e
lo sanno i suoi. Ma il metalmeccanico non iscritto alla Fiom e
l'addetta co.co.co. al call-center, lo sanno? Così, Berlusconi gioca
ancora la sua sottile psicologia italiota, quella che prevede il
popolo salire sul carro del vincitore dopo aver calpestato il
perdente. Non siamo una nazione di eroi, ammettiamolo, troppa fatica.
Però poi, a Milano, durante l'ennesimo comizio del Capataz, un
signore si alza dalla poltroncina del parterre urlando: “È
tutta colpa tua, ci hai portato al disastro”. Una sola voce, che
dalla platea, incurante della rabbia dei fans di Silvio, dice quello
che pensa. Apriti cielo. Viene portato fuori dalla sala a braccia, da
agenti della Digos che temono per l'incolumità dell'eroe solitario.
E infatti una piccola folla inferocita di berluscones, li
seguono brandendo bandiere e mostrando i pugni. Lo infilano a forza
in uno stanzino, mentre una signora tutta ingioiellata e in abito di
strass e lamèe continua a urlargli “Figlio di puttana, comunista,
montiano di merda, lo avete crocifisso per una scopata. Bastardo,
ladro, MPS”. La signora, chiaramente fuori di testa, stava
approfittando delle telecamere presenti per farsi riprendere mentre
inveiva, peggio di un camallo, contro quel povero cristo che sarebbe
uscito dallo stanzino solo dopo un paio d'ore. E tutto per farsi
bella con il Capo e ricevere il giusto compenso per il tentato
linciaggio di un comunista montiano. Quando affermiamo che questi del
Pdl sono pericolosi, non inventiamo stramberie, non diciamo puttanate
perché le signore e i signori con la bava alla bocca e gli occhi
iniettati di sangue, rappresentano in toto il concetto che Silvio ha
dei moderati. È guerra aperta, un'altra, l'ennesima di un Duce in
piena crisi di nervi, sull'ultimo dibattito televisivo. Silvio
vorrebbe confrontarsi solo con Bersani, Monti vorrebbe confrontarsi
con Bersani e con Berlusconi, Bersani vorrebbe invece un confronto
fra tutti e sei i candidati premier. Il giochetto di Silvio è
chiaro, pur non essendo il candidato premier del centrodestra, ne è
sicuramente il leader. Dialogando solo con Bersani, riafferma un
bipartitismo che non esiste più nei fatti ma che a lui è
indispensabile per tentare di riconquistare i voti di Monti e di
Giannino. Bersani lo ha capito benissimo e pur avendo una voglia
matta di confrontarsi con Silvio, ha scelto la via più logica e
democratica, quella della serata con tutti i candidati. Sulla stessa
lunghezza d'onda è andato in queste ore anche il ragionamento di
Mario Monti che, pur di menare a Berlusconi (e a Bersani) è disposto
anche al confronto allargato. Probabilmente non se ne farà nulla. A
questo punto, visto che il Pdl ha sorpassato il Pd, a cosa
servirebbe? Ieri sera, con amici ameni quanto noi, stavamo discutendo
sui 2500 euro che il Papa prenderà di pensione. Fatti quattro conti,
8 anni di papato costano meno di una legislatura in Parlamento. La
fregatura, per le casse vaticane, è che nessuno aveva previsto la
voce “pensione del Papa”, per cui corrono il rischio di un deficit
di bilancio sanabile solo con l'acquisto di derivati tossici da parte
dello Ior. Ma poi, sempre con gli ameni di cui sopra, abbiamo
iniziato a pensare al Papa in pensione che, non avendo più obblighi
di Stato, se ne va a zonzo per Roma travestito da pittore naif, cena
alla Parolaccia, fa qualche avance al Gianicolo, va al cinema e a
teatro e la domenica in curva sud a tifare per la Roma. Sarebbe un
bel ex Papa, se non lo avesse già raccontato Nanni Moretti.
lunedì 18 febbraio 2013
Silvio vede Prodi sul palco di Milano e si tocca... oh, quanto si tocca! E domenica, finalmente, il mare.
Per
Berlusconi, Romano Prodi è il peggior incubo. Altro che comunisti
armati che lo prelevano ad Arcore, altro che Guardia di Finanza che
spulcia i registri di Spinelli, altro che Olgettine incinte che gli
chiedono tutte insieme appassionatamente, il riconoscimento di
paternità... Silvio odia Prodi con tutto se stesso. Lo ha incontrato
due volte e due volte ha miseramente perduto. Il Professore bolognese
è l'unico che si può vantare di aver fatto rimanere Silvio a secco,
semplicemente ha preso più voti di lui. Poi tutti sappiamo com'è
andata. Silurato da sinistra (Bertinotti-Vendola, D'Alema,
Veltroni-Fassino-Consorte), Prodi ha dovuto lasciare campo libero a
Berlusconi, che se l'è tenuto per diciotto anni senza colpo ferire,
visto che anche il pallone era il suo. Ieri, Romano Prodi era sul
palco di Piazza Duomo con Bersani, Tabacci e Ambrosoli. La conquista
di Milano e della Lombardia, potrebbe segnare definitivamente la
sconfitta di questa destra arraffona e populista, figlia della Milano
da bere e da saccheggiare. La sconfitta di Silvio e della Lega nella
loro roccaforte, potrebbe rappresentare quel segnale di cambiamento
di cui gli italiani hanno un bisogno fottuto. Ed è vero che la
partita si gioca in Lombardia perché, da quando in Italia c'è la
Repubblica, proprio dalla Lombardia sono partiti tutti i cambiamenti
politici che si sono poi sviluppati anche a livello nazionale. Prodi
è stato chiarissimo: “Votate uniti per Bersani, è l'unico modo
che abbiamo per vincere”. Per vincere forse sì, ma per cambiare
profondamente questo Paese no. Non è Bersani la strada per un
cambiamento vero, non lo è Monti tanto meno Berlusconi e non lo è
neppure Grillo. L'unica strada possibile per cambiare, è quella
dell'ibernazione. Tutti sotto ghiaccio fino a quando non cresceranno
le nuove generazioni, gli attuali tredicenni, che non hanno mai
sentito parlare di Silvio, non hanno letto i romanzi di Veltroni, non
conoscono “Baffetto”, non hanno mai visto uno spettacolo di
Grillo, non sanno che esistono sodalizi perversi come la Triplice o
Bilderberg, tendenti ad affamare piuttosto che a governare in nome
della democrazia e dell'equità. Ma siccome non possiamo ricorrere
all'ibernazione di massa (non è un vaccino sponsorizzato da
Federfarma), ci tocca fare i conti con quelli che ci sono, con i
personaggini che passa un convento di frati minori un po'
rincoglioniti. E lo diciamo subito, non ce ne piace manco uno,
neppure quelli che sono entrati in politica cercando di riesumare una
sinistra vecchia e dilaniata dalle sue stesse contraddizioni. Così
come non ci è mai piaciuto chi si sottrae al confronto e alle
domande, e preferisce i monologhi credendo di trovarsi sempre su un
palcoscenico. La politica del “mai contraddittorio”, è dei
populisti e dei dittatori e siccome ci stanno sulle palle sia i primi
che i secondi, Beppe Grillo si è giocato l'ultima occasione che
aveva per starci un po' simpatico. Domenica prossima, tempo
permettendo, faremo una passeggiata in riva al mare. È inverno, non
vale il vecchio invito di Craxi di andare in spiaggia pur di
disertare le urne e bocciare il referendum sul lavoro. Piuttosto che
confonderci con questa marmaglia di qualunquisti travestiti da
politici benefattori, preferiamo il rumore del mare. Ci fosse anche
il lavoro sarebbe meglio, ma non si può avere tutto dalla vita.
domenica 17 febbraio 2013
Corruzione a 60 miliardi. Il “sistema Formigoni” in auge dagli Anni '90. Silvio vuole il Ponte sullo Stretto e Grillo riempie Piazza Castello. Il 25 ci sarà da ridere.
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L'immagine è di Giuseppe Piscopo |
sabato 16 febbraio 2013
Cialtroni, farabutti, politicanti, servi, profittatori, scrocconi. Una campagna elettorale all'insegna del fair-play. Che gentlemen!
È
incredibilmente comico venire a sapere che il Celeste, ogni santa
mattina, ogni inizio di nuovo giorno, si spalmava sulla faccia un
dito buono di Actif Essential. La pomata miracolosa di Chenot, dal
costo modico di 200 euro a barattolo, gli veniva porta dal fido
maggiordomo che doveva preoccuparsi anche quando stava finendo, tanto
che un giorno ebbe a dire (intercettazione telefonica) “La usi come
la colla per i manifesti”. In tutta sincerità, non sappiamo a cosa
serva l'Actif Essential, presumiamo che renda la pelle del viso
liscia come il culetto di un bambino, ma se ci fermassimo al culetto,
ci prendereste per volgari narratori di politica? Ma, a parte le
amenità legate a un uomo che non ha mai tirato fuori dalle sue
tasche neppure un centesimo, la giornata di ieri è stata
contraddistinta da due dichiarazioni che hanno scatenato il putiferio
nell'armata brancaleon-berlusconian, e l'apertura di un vero e
proprio fuoco di fila da parte degli house organ. La prima è stata
quella di Giorgio Napolitano che, a Washington, ha detto ai
giornalisti presenti alla conferenza stampa post incontro con Obama:
“Deploro quelle forze politiche che per tredici mesi hanno
sostenuto il governo di Mario Monti e ora lo accusano di
incomprensibili nefandezze”. La seconda è di Mario Monti in
persona il quale, a Rai3, ha detto chiaramente e senza equivoci: “Ho
ereditato un paese governato da cialtroni che non si sono assunti
nessuna responsabilità per come avevano ridotto l'Italia”. Apriti
cielo. Libero, Il Giornale e Il Tempo hanno piazzato il mirino ad
alzo zero e aperto il fuoco. E tanta e tale è stata la violenza
delle parole che hanno usato, che ci viene il sospetto che la
disperazione sia giunta al livello di guardia. D'altronde i
giornalisti dei tre quotidiani vicini al Capo hanno famiglia, le loro
piccole spesucce, l'Imu da pagare, la scuola privata per i figli, lo
yacht per l'estate, qualche amante da mantenere per cui temono, loro,
che a fondo Silvio, si ritrovino con un bel blocco di cemento appeso
ai piedi e un tuffo in alto mare. “Inammissibile l'intromissione
del Capo dello Stato nella campagna elettorale”; “Vergognoso
schierarsi con Monti da parte di Napolitano”; “Il Presidente
scende in politica”, sono i titoli dei tre campioni
dell'informazione libera e mai drogata, con cui hanno aperto le loro
prime pagine mentre, per quanto riguarda il termine “cialtrone”,
usato da Mario Monti, hanno rinviato paro paro al mittente l'offesa
infamante fatta nei confronti di Silvio, Brunetta, Tremonti, Scajola,
Bondi, La Russa, Sacconi, Tremonti, Calderoli, Maroni, Frattini,
Carfagna, Prestigiacomo e quel pozzo di scienze da traforo del Gran
Sasso che risponde al nome di Maria Stella Gelmini. Forse, i Tre
cavalieri delle Ombre della Notte, non si rendono conto di chi stanno
difendendo a spada tratta o, più semplicemente, si sono adeguati ai
mercimoni dell'epoca d'oro del berlusconismo d'avanguardia. I
sondaggi, per il Cavaliere, non sono affatto buoni. Lo sa lui, lo
sanno i suoi più stretti collaboratori. Il rischio che Silvio sta
correndo, è quello appena accennato da Bersani quando ha detto che
il Pdl è intorno al 10 per cento; non sarà il dieci, ma non essere
il secondo partito sta diventando quasi una certezza. C'è un certo
Beppe Grillo che, appollaiato sul ramo, sta per sparare le sue
cartucce domani, su Sky, e poi, in chiaro, su Cielo. Se Bersani
continuerà con le sue battute senza senso, e piene di arroganti
certezze, come “Fra Monti e Vendola il traffico lo dirigo io”,
Grillo potrebbe essere la sorpresa più sorprendente di tutte di
questa campagna elettorale buffonesca. Il rischio è quello di un 18
per cento più vicino al 20 che non al 16. Ma alla fine, siamo
proprio sicuri che sia un rischio?
venerdì 15 febbraio 2013
Ieri solo un indagato e due fiancheggiatori arrestati. Il Pdl respira, anche se l'India vuole dichiarare guerra a Silvio.
Ieri
un solo indagato nel Partito delle Libertà (loro), per altro di
risulta. Nel mirino dei magistrati è finita Melania De Nichilo,
moglie del produttore cinematografico Angelo Rizzoli, il devastatore
di una delle più grandi famiglie di editori italiani. Angelo Rizzoli
acquistò il Corriere della Sera per trasformarlo nella dependance
della P2 di Licio Gelli perché già da allora, il Piano di Rinascita
per l'Italia predisposto dal Gran Maestro della Loggia massonica
segreta, prevedeva il controllo totale sull'informazione. Inutile
dire chi ha portato avanti il progetto, ci verrebbe da ridere e
offenderemmo la vostra intelligenza. L'accusa, per Angelo Rizzoli, è
di bancarotta fraudolenta. Anche lui, come molti altri imprenditori
italiani, aveva messo in piedi una rete di scatole cinesi, di società
più o meno fantasma, con le casse vuote e la partita Iva in sonno.
Società che funzionavano solo per eludere le tasse e incrementare i
fondi neri della casa madre. Non ci sorprende, quindi, che la compagna di
Rizzoli sia una deputata del Pdl perché la logica di quel partito,
riaffermata ieri dal Capo supremo, è proprio quella di far cassa in
barba alle leggi e in nome del libero mercato e della libera
concorrenza. Se fossimo indiani, dopo quello che Silvio ha detto
delle tangenti-prassi, dichiareremmo guerra all'Italia, perché
sentirsi dare del “terzo mondo”, “democrazia incompiuta” e
“acchiappa acchiappa” dal propugnatore dell'evasione fiscale
totale, ci farebbe girare terribilmente le palle. Piergigi Bersani se l'è
cavata con un “fermiamolo” che dice tutto e niente, mentre Mario Monti,
dopo la marchetta elettorale di Schaeuble, ha incassato anche quella
di Barack Obama, segno che il rapporto del console americano a Roma
ha colto nel segno. La colpa? Di Nichi Vendola, ovviamente, il
Majakovskij italiano che riempie di frasi poetiche i suoi interventi
politici. Ma l'uscita improvvida di Berlusconi sulla bontà delle
tangenti, ha causato l'insurrezione della Lega. Il popolo celtico non
ci sta a schierarsi con un tangentista dichiarato e Bobo Maroni, per
direttissima, ha preso le distanze dall'ennesima boutade del
lasciamacerie. L'impressione è che se la Lega dovesse (fatto
auspicabile) perdere la Lombardia, l'alleanza posticcia con il
Capataz finirebbe dritta a naufragare nel Po. Umberto Bossi non
aspetta altro per riprendere in mano il partito e continuare a
comprare i giochetti per la Play Station di Renzo. Silvio lo sa e
questa mattina, di buonora, è corso ai ripari smentendo nuovamente
se stesso. Ha detto: “Le tangenti vanno punite”, un po' tardi per
essere una opinione credibile ma sempre in tempo per i milioni di
creduloni che ancora lo voteranno. Sempre più inguaiato, invece, il
Celeste. Ora che sono caduti i veli sulle richieste di rinvio a
giudizio per l'ex governatore della Lombardia, si viene a sapere di
più su che personaggio sia Roberto Formigoni ma, soprattutto, si
capisce per quale ragione, durante le sue lussuose vacanze, non
pagasse neppure una brioche. Scrivono i giudici: “L'esame dei
rapporti bancari svolto sinora, ha posto in evidenza come, pur in
assenza di prelievi dai conti correnti, Formigoni avesse
significative disponibilità di denaro del quale non è nota la
provenienza”. E proseguono: “L'esame dei conti permette
pacificamente di constatare come, di fronte a un elevato tenore di
vita di Formigoni, non risultino, dall'analisi di ogni singolo conto
esaminato, uscite o addebiti riconducibili a tali importanti spese,
ma neppure conciliabili con le necessità quotidiane di una comune
persona”. Insomma, il Celeste spendeva quotidianamente l'iradiddio, ma sui suoi conti correnti non figura neppure un prelievo. Per la
serie, la moltiplicazione dei pani e dei pesci non avveniva solo con
i pani e i pesci.
giovedì 14 febbraio 2013
Magistrati felloni. La reprimenda di Berlusconi sulle toghe rosse. E Avellino ride sull'ultima storia di corna con Silvio protagonista.
Giustizia
con il timer. Magistrati felloni e infingardi. Pm demolitori della
sana industria italiana. Toghe infoiate e invidiose delle camicie di
Roberto Formigoni. Persone con tare mentali che vogliono i leghisti
in galera. I refrain sono sempre gli stessi, i vecchi ritornelli di
Toto Cutugno, insomma. Stesse note, quasi le stesse parole e perfino
lo stesso arrangiamento. Sul giro di Do, Gino Paoli ci ha costruito
un intero repertorio, sulla lotta alla magistratura, Silvio ci ha
costruito la sua carriera politica e il suo impero. Incontenibile,
Silvio al primo consiglio dei ministri cancellerà l'Imu sulla prima
casa, ridurrà le tasse del 5 per cento, nominerà Tremonti ministro
della Sanità, reintrodurrà l'immunità parlamentare, abolirà
l'Irpef, varerà il decreto anti-toghe rosse, modificherà la
Costituzione rendendola presidenziale tout-court e, per finire,
riconoscerà al ministro dell'economia e dello sviluppo (lui stesso)
lo ius primae noctis. C'è da chiedersi cosa cazzo farà Angelino
Alfano, visto che dovrebbe diventare premier ma, soprattutto, quanto
durerà quel benedetto primo consiglio dei ministri. Un'eternità.
Ormai, fra Silvio e il Professore non si sa più chi le spara più
grosse. L'ultima di Mario Monti è quella che garantirà alla scuola
8 miliardi in cinque anni, non specificando però a quali scuole e,
soprattutto, a quali università. Mentre Silvio, affetto da
incontinenza pre-elettorale, ha detto che le tangenti si pagano
dappertutto e che è giusto pagarle per assicurarsi un appalto o un
affare o un contratto. Siamo alla follia, ma quella vera, mica palle!
Siamo al dileggio verso tutte le istituzioni e le regole elementari
di legalità per un vivere che si possa definire civile. Se n'è
accorto Benedetto XVI che, dimettendosi, ha detto “Sparirò agli
occhi del mondo”, come dire, ma andatevene affanculo tutti. Se ne
sono accorti i leghisti che hanno tenuto duro fino a quando non è
scoppiato il caso Orsi e ora sono indecisi se farsi governare da Bobo
Maroni o propendere per l'altro comico, quello genovese. Se n'è
accorto Nichi Vendola che, secondo il Professore, è il nemico
pubblico numero uno dell'Italia e delle riforme ma solo perché a
Nichi le banche stanno sulle palle e tiene duro sullo Statuto dei
Lavoratori. Non se n'è accorto Bersani che più lo ascoltiamo più
ci sembra Crozza. Non se n'è accorto Storace convinto più che mai
di diventare governatore del Lazio nonostante sia iniziato il
processo a Er Batman più in forma che mai. Non s'era accorto di
nulla, fino a ieri, il giornalista Gianni Porcelli che, cornificato
dalla moglie, ora pretende la metà dei regali che la signora ha
ricevuto, sapete da chi? Da Silvio Berlusconi in persona. Una
sommetta di 1 milione e trecentomila euro, elargita a babbo morto e
tanto per ringraziare la consigliera regionale campana del Pdl,
signora Antonia Ruggiero, della sua profonda, anzi profondissima,
affettività. Il procedimento di divorzio, che sta andando in scena
in questi giorni presso il tribunale di Avellino, sta facendo ridere
tutta la città e buona parte del contado. Il signor Porcelli
pretende dalla moglie la metà dei regali che Silvio le ha fatto
perché la cornificazione è avvenuta mentre i due erano ancora
sposati. Non solo, il sessantaquattrenne giornalista della Rai,
prossimo alla pensione, ha anche chiesto l'affidamento del figlio
minore e la confisca cautelativa dei beni della ex moglie. Da tutta
questa storia si può ricavare una morale. Il marito della Ruggiero
non voterà mai per Silvio Berlusconi. Se facessero altrettanto tutti
i mariti fatti cornuti dal Capataz, il Pdl viaggerebbe intorno al 4
per cento.
mercoledì 13 febbraio 2013
I berluschini fischiano i comici e applaudono i pagliacci (non felliniani). Forse c'è qualcosa che non va.
Sono
solo due. Sempre gli stessi, i disturbatori di professione che ieri
sera hanno contestato Maurizio Crozza al teatro Ariston di Sanremo.
Sono i due pirla che lo scorso anno fischiarono Celentano e che non
appena sentono odore di ironia intorno al loro Capo e Padrone,
fischiano e dicono “Niente politica a Sanremo”. Sembra, ma la
voce andrebbe verificata, che dietro i pirla di cui sopra, ci sia
nientepopodimenoche Antonio Verro, uno dei componenti del CdA della
Rai, in quota Pdl. Il signor Verro è quello delle accuse a Luciana
Littizzetto, rea di aver sbeffeggiato il suo Signore durante una
puntata di Che tempo che fa, e della durissima reprimenda contro
Adriano Celentano nel festival 2012. Insomma, Verro è un tollerante galantuomo che, privo degli strumenti utili a distinguere fra satira e
diffamazione, tuona contro chiunque provi a nominare il suo
Dio invano. È a questo punto che sorge la domanda: “Ma i
berluschini perché continuano a contestare i comici di professione
mentre applaudono i pagliacci di risulta, machisti e pure un po'
volgari?” Mistero, direbbe Enrico Ruggeri. Ieri sera, però, s'è
visto il cambio di clima in Italia. Fino all'anno scorso chi toccava
Silvio restava fulminato come se fosse rimasto attaccato a un cavo
dell'alta tensione. Quest'anno, i due contestatori, sono stati a loro
volta contestati dal pubblico che, in malo modo, li ha fatti uscire
dalla platea. A sorprenderci, invece, è stato Crozza che, a un certo
punto, ha accolto Fabio Fazio, noto per il suo coraggio leonino, come
il salvatore della situazione. Abbiamo visto il comico genovese in
grandissima difficoltà, con la salivazione azzerata e la tentazione
di chiedere scusa. Non ci è piaciuto, perché un comico che non
regge una situazione come quella di ieri sera, vuol dire che è
abituato sempre e comunque ad avere la gente dalla sua parte, per la
serie “ti piace vincere facile”. Per passare alla politica seria,
oddio, si fa presto a dire seria... c'è da registrare l'ennesima
indagine nei confronti del Celeste, sì, insomma, di Roberto de la
Vierge. L'accusa è pesantissima: associazione a delinquere, un vero
e proprio colpo da ko per le speranze del Pdl di vincere il senato in
Lombardia. Alla “bomba” Formigoni ha risposto l'altra bomba,
quella scoppiata in casa leghista con l'arresto di Giuseppe Orsi,
presidente e amministratore delegato di Finmeccanica, vicinissimo
alla Lega. L'accusa nei suoi confronti è quella di corruzione
internazionale, messa in atto nella vendita degli elicotteri
Agusta all'India. Con questo ennesimo giochetto all'italiana,
Finmeccanica corre il rischio di entrare nella black list del governo
indiano, in poche parole, addio commesse da quelle parti. Ma per il
Pdl non finisce mica qui. È di ieri la notizia dei quattro anni di
galera comminati a Raffaele Fitto, ex enfant prodige del partito
delle libertà. Le accuse: corruzione, finanziamento illecito ai
partiti e abuso d'ufficio. Se pensate che alleato del Pdl in Sicilia
è il Movimento per le Autonomie di Raffaele Lombardo, dimessosi per
mafia, il ragionamento dovrebbe essere semplice, il Pdl è, di per
sé, un'accozzaglia di birichini ad oltranza malati di giovanilismo e
affetti dalla sindrome di Peter Pan. Questa mattina Silvio ha detto:
“L'esibizione di Crozza è stato un boomerang per la sinistra”.
Un comico è un boomerang, un delinquente un valore aggiunto. Milioni
di italiani lo voteranno ancora. Il boomerang.
martedì 12 febbraio 2013
All’ombra del Cupolone. Solo problemi di salute?
Non
ci è mai piaciuto accodarci ai complottisti. Di nessun genere e natura.
Trasformare in complotti molti dei fatti della Storia e della politica, ci è
sembrata quasi sempre una scorciatoia per descrivere, in maniera superficiale e
semplicistica, momenti inquadrabili in contesti molto più semplici e naturali.
In questo caso, però, nel caso delle dimissioni di Benedetto XVI, qualche
domanda sorge spontanea, soprattutto dopo l’ultimo tratto di vita di Papa
Wojtyla, durante il quale il dolore e la sofferenza, che il mondo ha potuto
vedere stampati sul volto del Papa polacco, hanno rappresentato l’essenza
stessa del cattolicesimo. Che Joseph Ratzinger non fosse in perfetta forma, se
n’erano resi conto in molti. Bastava osservarlo in televisione per capire come
i suoi già scarsi sorrisi, fossero scomparsi del tutto. C’è da dire che il caso
del “corvo” vaticano, il cameriere personale del Papa scoperto a diffondere
documenti segreti, ha colpito Benedetto XVI meglio di un uppercut andato a
segno. E che la motivazione addotta dal cameriere “L’ho fatto per proteggere il
Papa”, abbia dato il colpo decisivo alla volontà del Pontefice di continuare a
svolgere il suo ruolo di capo universale della chiesa cattolica. Sono mesi che
nel segreto delle stanze d’Oltretevere, imperversa una lotta di potere senza
soste né quartiere all’interno della Curia. Sono mesi che nessuno risparmia
colpi bassi a nessuno, e che il cardinale Carrozziere, “vittima” apparente delle
rivelazioni del “corvo”, non sia poi quel gran giglio di purezza che vuole
sembrare. Già il legame a filo doppio con Silvio, e il di lui fratello Gianni
Letta, qualche dubbio dovrebbe farlo nascere, sospetti non derubricabili nelle marchettone dell’8
per mille, nei contributi straordinari alle scuole cattoliche, ai giornali
cattolici, alle sale cinematografiche parrocchiali, agli oratori, alle chiese
restaurate con fondi destinati allo Stato, all’ex Ici ora Imu, alla copertura finanziaria totale dei grandi eventi. Il profilo di quello che è stato per anni un vero e
proprio voto di scambio, va ben oltre il puro aspetto economico, e non
nascondiamo una certa curiosità nel cercare di saperne di più. Che il cardinale
Carrozziere sia inviso al 50 per cento della Curia romana non è un mistero e,
forse, il desiderio del Papa di porre fine a un dissidio lacerante per la
Chiesa, ha contribuito non poco alla decisione di dimettersi perché, per chi
non lo sapesse, la fine del regno di Benedetto XVI si porta appresso anche
quella del Segretario di Stato più potente degli ultimi 150 anni. Le cronache
di questi giorni ci dicono che c’è un candidato Papa più forte degli altri, uno
che rischia di entrare cardinale e di uscire Sommo Pontefice sul serio. Si
tratta di Angelo Scola, l’arcivescovo di Milano che CL e la Lega vollero
fortemente per cancellare quel post-comunista post-conciliare di Dionigi Tettamanzi. S.E.
Scola (nessuna parentela con Ettore), ciellino ante litteram e professore di
filosofia di Silvio Berlusconi, sembra abbia le carte in regola per prendere il
posto di Ratzinger. E c’è un altro aspetto che convaliderebbe la non troppo
nascosta voglia di diventare Papa del successore di Sant’Ambrogio; quando fra
gli altissimi prelati ha iniziato a prendere corpo la voce che Benedetto XVI si
sarebbe dimesso, il cardinale Scola ha incominciato a prendere le distanze da
CL. Nessun altro commento è richiesto.
lunedì 11 febbraio 2013
Si dimette perfino il Papa. Tale e quale ai pidiellini.
Evidentemente
Silvio ha letto con grande attenzione gli ultimi sondaggi. E si è
reso conto che lo tsunami Grillo non sta togliendo voti solo alla
coalizione di Centrosinistra ma anche a lui. Poi, come se non
bastasse, sono arrivate come un fulmine a ciel sereno, le dimissioni
di Benedetto XVI. Possibile, ci chiediamo, che un Pontefice si
dimetta perché, umanamente, non ce la fa più mentre, un popolo di
furfanti plurindagati, quacquaracquà senza ritegno, pezzi di rifiuti
organici continuino a essere avvinti alle loro poltrone come edere
tossiche? Un Papa che si dimette è un fatto storico. Non accadeva da
600 anni. La stessa cosa potrebbe verificarsi nella politica italiana
se Silvio continuasse a vincere sull'onda lunga dei sogni son
desideri. Joseph Ratzinger continuerà a essere Papa nel chiuso di un
convento delle suore di clausura. Pregherà. Punto. Degli affari di
Stato non vorrà più neppure sentirne parlare, lasciando ai
cardinali carrozzieri e ai loro tirapiedi sbrogliare la matassa delle
future alleanze politico-strategiche in Italia. Se ancora qualcuno
non lo avesse capito, proprio in queste ore il cardinale Bertone ha
detto chiaro e tondo che se non dovesse vincere Mario Monti, sarebbe
preferibile (auspicabile) la riconferma del Centrodestra. Per la
prima volta, la Chiesa da anche la possibilità di scegliere un
outsider, cioè Silvio, se proprio il voto al Professore dovesse
essere causa di un delirium tremens irrefrenabile. Gira che ti
rigira, la sinistra in questo paese non ha fans in grado di
trascinare quel mondo cattolico insensibile alle figure pur
rispettabili che hanno scelto non solo di fondare, ma di militare
apertamente nel Pd. Un po' addentro alle cose di Chiesa, ci siamo
chiesti spesso quale fosse il senso del Pontificato di Benedetto XVI
e, nonostante notevoli sforzi di fantasia, non ne abbiamo trovato
neppure uno degno di passare alla storia. Probabilmente, la Gerarchia
(e non lo Spirito Santo), aveva bisogno di un periodo di decantazione
dopo lo tsunami Wojtyla, di un Papa che ridimensionasse anche
l'immagine stessa del suo Capo universale. Da questo punto di vista
Ratzinger ha fatto il suo compito in classe e, da bravo scolaro, ha
aggiunto anche una degna ricerca a casa, un po' per il curriculum, un
po' per i crediti. Forse qualcuno non lo sa, ma anche all'interno
della Chiesa stanno iniziando i “comizi elettorali”. I cardinali
arriveranno a Roma proprio per dar vita a quel lento lavoro
politico-diplomatico che porterà alla nomina del nuovo Pontefice.
Questa cosa ha spiazzato di brutto Silvio che, nel caso in cui le
elezioni politiche italiane gli fossero andate male, aveva in mente
di presentarsi al prossimo conclave. Di barzellette sugli ebrei, lui
ne ha migliaia.
domenica 10 febbraio 2013
Silvio e le donne merci e oggetti: “Ma lei, quante volte viene?”
Perché
molte donne continuino a votare per lui non si sa. Appartiene alla
sfera dei misteri gaudiosi. Silvio è la negazione della galanteria,
e se qualcuna ancora ci casca è perché non sa neppure dove stia di
casa, la galanteria. Il Capataz è osceno. E nel suo campionario di
volgarità, inserisce una buona dose di violenza psicologica. Che le
donne abbiano subito modificazioni genetiche nel corso degli anni, è
innegabile. Ma che si lascino ancora offendere, a ogni occasione
utile, da un machista inguardabile che si fa forte solo del suo
“fascino” da danè, è incomprensibile. Perfino stare allo
scherzo, con Silvio, significa sprofondare in un baratro di oscenità
che non rendono giustizia alle donne anzi, le offendono nella loro
intimità. Silvio va alla Green Power di Mirano e, scherzando
pesantemente sul lavoro di una impiegata, si lascia andare a uno dei
suoi soliti siparietti fatti di pessimo gusto, di allusioni sessuali,
di ambiguità che manco Totò, che era un principe, avrebbe mai
lontanamente immaginato. La platea, ovviamente, ride alle battute di
Mohamed Esposito. Lo applaudono mentre invita la signorina a girarsi
e le chiede i tempi che intercorrono fra una sua “venuta e
l'altra”. Ridono, i pirla sul palco, ride Bonaiuti in prima fila,
ride Adriano Galliani che in campagna elettorale, segue il suo mentore dappertutto. Nessuno
che provi a dire buhhh, a fischiare, un andarsene in segno di
disprezzo per un individuo che il
mondo-ridere-fa-peccato-che-sia-italiano. Lo voteranno, ancora,
perché da quella bocca vogliono sentire esattamente quello che
Silvio dice: il nulla. Lo voteranno perché amano chi li piglia per
il culo e chi li fa ridere a poco prezzo, perché una battuta
intelligente non rientra nelle corde del guitto dell'avanspettacolo.
Ci piacerebbe conoscere il QI di Francesca, la sua fidanzata. E ci
piacerebbe sapere se la signorina di Napoli ama farsi trattare in
questo modo dal suo fidanzato, che sarà pure potente, ma per il
resto... Il fatto è che, nonostante le donne rivendichino tutto il
rivendicabile possibile, basta un momento come quello di oggi alla
Green Power, per renderci conto che il cammino è ancora lungo e che
fra un'enunciazione e la realizzazione pratica dell'enunciato, corre
la transiberiana. Voteranno per Silvio gli impotenti, gli evasori
fiscali parziali e totali, i nullafacenti, i fotogenici, gli
avvocati, i tassisti, i farmacisti, gli spalloni, i dipendenti
Mediaset e Mondadori, i commercialisti. Ma non capiamo, ancora,
perché le donne continuino a votarlo. Inutile fare di ogni erba un
fascio. Occorrerebbe fare proprio un fascio.
sabato 9 febbraio 2013
E oggi... Innsbruck. Per lavoro e amicizia.
venerdì 8 febbraio 2013
4 milioni di posti di lavoro, 4 milioni di rimborsati Imu, 4 milioni di farfalline, 4 milioni di foto con autografo di Balotelli, 16 milioni di cazzate pazzesche... e Grillo va al 14 per cento.
Ci risiamo, tale e quale
al 1994. L'83 per cento degli italiani ritiene che le sparate di
Berlusconi siano delle solenni cazzate. Poi, però, guardi i sondaggi e ti rendi
conto che il Pdl va avanti di 1,2 punti in una manciata di ore. Ti
chiedi: “Com'è possibile?” e ti rispondi che in Italia tutto è
possibile. Nel 1994, dopo il pieno di voti, tutti si chiedevano chi
diavolo avesse votato per Silvio. La gente si incontrava per
strada e tutti si guardavano con sospetto: “Sei stato tu”, sembrava si chiedessero i passanti. Insomma, Berlusconi aveva vinto e
nessuno lo aveva votato, una di quelle schizofrenie tipiche di un
popolo alla continua ricerca di un leader unico e assoluto. In
apparenza, sembra che gli italiani abbiamo elaborato il lutto del
fascismo, ma non è vero. L'istituto della delega ancora impera, e
darla a una sola persona, piuttosto che a un gruppo, tranquillizza
l'elettore e placa la nostra sete di protagonismo per osmosi. Perfino
la Chiesa, per bocca del presidentissimo della Cei, Angelo Bagnasco,
dice che “gli italiani non si faranno abbindolare”. Ci
piacerebbe sapere da che parte è stata (la Chiesa) in questi ultimi
venti anni, perché altrimenti ci piglia veramente male. Tutti i
maggiori istituti di sondaggio sottolineano la ripresa del Pdl.
Indubbiamente la forbice fra il Centrodestra e il Centrosinistra è
sempre più stretta, c'è chi dice che ci siano ancora 7 punti di distacco fra Piergigi e Silvio, chi arriva a 5 ma, quello che conta per la Porcellum, è avere anche un solo voto in più e il gioco dei
premi di maggioranza è fatto. Interessante, in questo momento, la
strategia di Silvio che ogni giorno da i numeri dell'avvicinamento al
Pd da parte della sua allegra combriccola. Statene certi, l'ultimo
giorno utile per rendere pubblici i sondaggi, annuncerà trionfante
il sorpasso e, anche se non sarà vero, la sottile psicologia
di chi è abituato a vendere pentole antiaderenti che al primo
graffio butti nella differenziata, avrà avuto la meglio sul senso del reale che non appartiene a questo paese di contaballe. Monti cala. Pochi decimi di punto,
ma la linea di tendenza è quella di un lento afflosciamento della
compagine di Don Banky. Il fatto è che all'umanizzazione
dell'immagine del Premier non crede nessuno. Hai voglia di farti
fotografare con i cani quando tutti sanno che li prendi a calci sotto
il tavolo. E altrettanto inutile è ricorrere ai nipotini, quando si
sa che il Professore parlerà con loro solo il giorno della laurea.
Ma ce lo vedete Mario Monti fare le boccacce ai bambini per farli
ridere o chiamarli “pargoli di nonno adorati?” Suvvia, non
scherziamo, e basta con i Babbi Natali che ogni anno regalano
calcolatrici solari ai nipoti, che se poi le prendono a martellate
mica ci si può sorprendere più di tanto. Sempre secondo i sondaggi,
il pm Ingroia non raggiungerebbe il quorum del 4 per cento. È vero
che lo danno al 4,1, ma l'impressione è che il Palermitano non abbia
il fisico del ruolo per affrontare una competizione elettorale che
vede impegnati fior di caimani. Lui ragiona in punta di diritto, gli
altri con le bombe a mano in tasca e il bazooka a tracolla. Lotta
impari. Cresce, invece, Beppe Grillo. La sua sembra una marcia
inarrestabile, e lo sarà ancora di più dopo la presenza in tv
prevista nell'ultima settimana di campagna elettorale. Finora Beppe
non ha sbagliato una mossa. Perfino le sue uscite apparentemente più
clamorose, come quella con i poundini, secondo noi è stata
pianificata a tavolino. L'unico strumento che Grillo aveva (e ha) per
far parlare del suo Movimento, è quello della provocazione, e più
si alza la temperatura della campagna elettorale più le provocazioni
devono essere estreme. I sondaggi lo danno al 14 per cento, terzo
partito dell'arco parlamentare, un successo al di là di ogni più
rosea previsione. Ed è un 14 per cento che punta più al 16 che non
al 12, e che rischia di trasformare in una zeppa fastidiosissima i
five stars che entreranno in Parlamento. Manca, e non potrebbe essere
altrimenti, la Sinistra, quella che i suoi fans più accaniti,
definiscono “vera”. Manca Rifondazione, manca il PcdI, mancano
insomma i protagonisti della lotta dura e pura e di un movimentismo
operaista che si è perso fra le brume di un prezioso cashmire e
mille salotti, non solo televisivi. Manca quella sinistra che, dopo
essersi trasformata in un club radical-chic un po' retrò, continua a
litigare su tutto, compresa la tonalità di rosso delle sue bandiere
e del giallo della falce e del martello. Vecchia, obsoleta,
prigioniera dei suoi dogmi, di questa sinistra, oggettivamente, non
sapremmo che farcene, meglio che i suoi protagonisti (quelli che non
si sono riciclati con Ingroia) stiano al caldo, nei loro salotti, a
rimembrar Carletto Marx e a fischiettare, stonandola,
l'Internazionale.
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