Gli
amici, si sa, si riconoscono nel momento del bisogno. È nei momenti
bui e tristi che intervengono per darti una pacca sulla spalla o per
rifilarti consigli spesso non richiesti. Il vezzo degli amici (e
delle amiche) di infilarsi nella vita degli altri è pari quasi a
quello di Graziano Mesina di delinquere: lo fa da cinquant'anni e lo
farà per sempre. Insomma, solitamente gli amici (quelli finti) non
riescono mai a farsi i cazzi loro, figuriamoci a non elargire pillole
di saggezza. L'ultima testimonianza di amicizia vera è quella di
Massimo D'Alema nei confronti del suo ventennale, finto antagonista,
Silvio Berlusconi. A freddo, e senza che nessuno gli avesse chiesto una
beneamata minchia, Baffetto gli ha pubblicamente consigliato di
dimettersi dal Senato e di fare come Beppe Grillo. Siccome uno non
bastava, Silvio (d'accordo anche Giulianone Ferrara detto 'o
elefantino), dovrebbe andare in giro comiziando, potendosi così finalmente permettere di bestemmiare senza che un monsignore Fisichella qualsiasi gli contestualizzi il
“porco...”, ed esibire il suo sconfinato bagaglio di barzellette
sconce non dovendosi più giustificare con i birichini del Fatto
Quotidiano che non gliene perdonano una. E tutto ciò per far sedere
sugli scranni ministeriali Daniela Santanchè, Maria Stella Gelmini,
Mara Carfagna e magari riesumare Bondi e Scajola perché, per la
figlia prediletta Marina, sembra ci siano problemi. Quei rossi
matricolati giornalisti dell'Espresso, hanno scoperto che Marina ha,
come dire, una passione viscerale per i conti off-shore. E che uno di
questi, per la precisione il “Muesta”, sia intestato a lei. C'è
da dire che questa scomodissima verità emerge semplicemente dalle
carte del processo che ha portato alla condanna di Silvio per frode
fiscale. Il tutto è contenuto nella testimonianza dell'avvocato
David Mills che, materialmente, costituì i due tesoretti esteri per
Marina e Piersilvio alla vigilia del matrimonio del Capataz con
Veronica Lario. Quando Silvio ai suoi esternò il timore che la
figlia, una volta scesa in politica, si potesse ritrovare nei guai
come lui, sapeva esattamente di cosa stava parlando. Non è, quindi,
la voglia di continuare a fare l'imprenditrice che frena la discesa
in campo di Marina, ma qualcosa d'altro e ben più pericolosa: la
passione per il denaro. Ma, comunque la vogliate mettere, Silvio
trascorrerà il peggior Ferragosto della sua vita. Asserragliato
nella villa di Arcore, il Capataz, con le lacrime agli occhi e la tristezza nel cuore, sta ripensando a Villa Certosa, a
quando i voli di Stato gli portavano a domicilio i migliori amici e
soprattutto le amiche. A quando, braccio sulla spalla di Mariano
Apicella, si esibiva in Que reste-t-il (de nos amours) e, con la
bandana in testa post-trapianto capelluto, girava felice per le
strade dell'isola con Tony Blair. E poi il vulcano che eruttava a
comando, la finta foresta tropicale, il tunnel sottomarino, costruito
in barba a tutte le leggi edilizie che, invece di rappresentare una
via d'uscita in caso di attacco terroristico, era una via d'entrata
per le amicizie da tenere riservate. E la dacia di Putin e la vodka
nell'ombelico di Natasha che non potrà più sorseggiare perché gli
hanno ritirato il passaporto. E la villa alle Bermuda, dove
costringeva i fedelissimi a jogging mattutini feroci e pesantissimi.
Tutto questo sembra essere la storia di un secolo fa e invece era
ieri. Oggi, seduto in poltrona, potrà solo vedere in diretta
streaming gli aerei con la scritta di plastica Forza Silvio
svolazzare sulle spiagge. Armiamoci di fionde, chissà...
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