La
rideterminazione dell'interdizione e, quindi, attendere il
pronunciamento di una nuova Corte d'Appello e poi ancora della
Cassazione, per decidere se Silvio dovrò lasciare o no il Senato
della Repubblica è una bufala. Il decreto anticorruzione della
Severino prevede infatti l'immediata decadenza di un parlamentare in
due soli casi: la flagranza di reato e una condanna definitiva a più
di due anni di reclusione. Pertanto, nessuno dovrebbe sorprendersi se
un commesso impedisse l'ingresso di Silvio a Palazzo Madama. Ma così
non è, così non sarà. Siamo in Italia, frase scontatissima ma è
la realtà. Nel paese di Cicerone e di Franco Coppi, basta infatti
metterla giù bene perché anche le leggi diventino interpretabili, e
anche le regole più chiare e logiche si trasformino in arzigogoli
giurisprudenziali che mandano in tilt anche il più informato degli
elettori. Berlusconi morto? Berlusconi out? Berlusconi dietro le
sbarre? Ma per favore! In un paese normale nessun condannato né in
via provvisoria né in via definitiva, avrebbe avuto accesso alle tv
come è successo ieri a Silvio. Ancora un messaggio a reti unificate
dal suo studio, ancora un attacco feroce a un organo dello Stato,
ancora una dichiarazione di innocenza quando anche la Corte di
Cassazione ha stabilito che è colpevole. In un paese normale
dovrebbe essere logico che, a sentenza definitiva emessa, il
condannato venisse considerato per quello che è, un pregiudicato.
Invece in Italia, per il pregiudicato Berlusconi si pretende
rispetto, comprensione, solidarietà: la legge non è uguale per
tutti. Ma questo lo sapevamo già e i mostri da sbattere in prima
pagina si chiamano Boffo, Mesiano, Fini e Marrazzo che, da quello che si sa,
almeno le tasse le pagano. Così, dopo la condanna, uno si
aspetterebbe un passo indietro, un momento di ripensamento, un minuto
di silenzio. Ma non è accaduto, o almeno non accade se il condannato
si chiama Berlusconi (anche se con Paolino tutto ciò non sarebbe
successo). Anzi Silvio, più incazzato che mai, ha detto chiaro e
tondo che lui non molla, che ripartirà da Forza Italia, che vincerà
le prossime elezioni (perché ora oltre che santo è anche martire),
e che il primo provvedimento del suo quarto governo sarà la riforma
della giustizia. Che la giustizia debba essere riformata lo pensa
anche l'Innominabile e questa uscita ieri, cinque minuti dopo la
sentenza della Cassazione, ci ha causato una immensa tristezza.
Oggi se lo chiedono tutti: “E adesso?” ma mica rivolti al Pdl, al
Governo o a Silvio, che dovrà optare fra arresti domiciliari o affidamento ai servizi sociali, la domanda è per il Pd, le sue mille
anime, i leader sparsi un po' dappertutto, i 101 zozzoni. Che farà
adesso il Pd, continuerà a governare con il partito personale di un
pregiudicato o staccherà la spina? Bella domanda, vero? Vedrete, i
democristiani del Pd troveranno sicuramente una soluzione. Loro sono
abituati a navigare nella merda e nulla potrà il fetore né la vergogna. Lo hanno fatto per 20 anni turandosi di tutto, figuriamoci
ora che hanno addirittura il presidente del consiglio. Silvio morto?
Ma quando mai! Il Capataz è più vivo e bello e caimano che pria.
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