Ormai
è chiaro, lapalissiano, che Silvio ha in cuore solo gli interessi
dell'Italia e degli italiani, come ripete amabilmente da vent'anni. A
lui dei soldi, delle sue imprese, delle assicurazioni, delle banche,
della pay-tv, dei tutor autostradali, della grande distribuzione,
dell'editoria da supermarket non frega una mazza. Eroe dei nostri
tempi, Silvio è “l'Italiano vero”, quello cantato da Toto
Cutugno e che, anche se non fuma la pipa (mentre si diverte da matto
a far fumare il sigaro), rappresenta quanto di meglio c'è nel nostro
Paese in termini di “eccellenza politica e imprenditoriale”.
Coerente come solo i grandi idealisti sanno essere, prima da fuoco
alle polveri del “muoia Sansone con tutti i filistei”, manda
Alfano con il cappello in mano da LettaLetta a vedere cosa può fare
per salvargli il culo, minaccia domineddio compreso il Quirinale
Silente ma niente affatto Accondiscendente, dà la carica a molla alla
Santanchè che così canta sempre la stessa canzone come Cicciobello poi,
dopo una mattinata durante la quale Mediaset e Mediolanum vengono
sospese in borsa per eccesso di ribasso, ci ripensa e inizia a fare
marcia indietro. L'aria di crisi procurata per non finire in galera,
ha fatto indispettire i mercati che, si sa, sono molto sensibili
al vento che spira. In una manciata di ore Silvio ha perso 150 milioni
di euro e visto scendere del 7 per cento il valore delle azioni delle
sue imprese. Si è reso conto del disastro a cui stava andando
incontro con i suoi diktat, solo dopo la telefonata di Piersilvio il
quale, preoccupatissimo, gli ha detto “mo' hai fracassato la
minchia, smettila”. È stato in quel momento che “cuore di padre”
ha avuto la meglio sulla voglia incontenibile di mandare tutti
affanculo, ed è stato in quel momento che ha deciso di togliere la
chiavetta alla carica della Santanchè. Troppo tardi però. La Pitonessa aveva già rilasciato un'intervista a Repubblica nella
quale, tanto perché nel Pdl si respira un'aria di unità feroce, ha
fatto l'elenco dei buoni e dei cattivi, di coloro che stanno con il
Capo fino alla morte e di chi sta trovando invece una via d'uscita
per la sua carriera. A rinfocolare e riattizzare i falchi del Pdl ci
ha però pensato, indovinate chi? Ma Luciano Violante porco boia, al
quale, di stare un momentino zitto, non passa manco per...
l'anticamera del cervello. Così, mogio mogio quatto quatto, il
signor “i morti sono tutti uguali” e “nessuno, come promesso,
ha toccato Mediaset”, se n'è uscito come Brunetta non avrebbe mai
potuto augurarsi: “Non è detto – ha dichiarato l'ex Berja –
che non si possa ragionare in termini di revisione della Severino da
sottoporre al parere della Corte Costituzionale”. Che strano
animale, il Pd! In questo momento ha più berlusconiani lui nelle sue
fila che l'intero Pdl. Per non parlare di Mimmuzzo Scilipoti che, da
buon Responsabile, ha già fatto sapere che in caso di voto di “sfiducia”
al governo LettaLetta, lui si avvarrà dell'articolo 67 della
Costituzione, quello del parlamentare senza vincolo di mandato. E ha
rafforzato il senso della sua scelta dicendo senza eufemismi, “e
non me scassate o' cazzo”.
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