Il
mito dell'amore eterno. Brooke&Ridge forever
Lo
giuro, domani scriverò del rapporto contronatura dei promotori della
legge elettorale. Cercherò come sempre di dire la mia e se poi ci
azzeccherò (come ha fatto ieri nametest con me), va bene, altrimenti
me ne farò una ragione perché cercare di capire il nulla è
complicatissimo. Oggi voglio scrivere di una perversione fisica e
mentale, di una sindrome di Tafazzi sempre viva e attuale, di un
falso mito dell'amore eterno e delle naturali aspettative degli
avvocati matrimonialisti. Voglio affrontare, insomma, il tema del
“nulla è come appare” che, dopo aver sviscerato la poetica
pirandelliana, mi è diventato improvvisamente chiaro. Mi va di
trattare un argomento, quel “ti piglio e ti lascio, ti ripiglio e
ti rilascio” che spesso riduce i nostri rapporti a un'eterna
partita a scacchi dove vince non chi mangia la regina ma l'intera scacchiera. È la
moda del momento, bellezza. È l'atteggiamento mentale di chi cerca
sempre rivincite non seguendo le regole del gioco e passando sopra
qualsiasi sentimento. Poi, come ogni assassino che si rispetti,
tornare sul luogo del delitto non è più la regola di un giallo
scritto seguendone gli schemi narrativi consolidati, ma una
condizione esistenziale che reitera il concetto del “voglio farti
male”. Così, invece di prendere atto che la minestra riscaldata
funziona solo in Toscana (però l'olio extravergine deve essere
eccellente), ci illudiamo che riprendere un rapporto interrotto sia
semplice, rassicurante, complesso ma comodo, invece è più
complicato dell'affrontarne uno nuovo di zecca. Spesso, “il lasciar
andare” è sinonimo di intelligenza e di maturità, senza
considerare il fatto che il numero dei femminicidi scenderebbe in
modo esponenziale, invece c'è chi lo ritiene solo un mezzo per
riuscire a cambiarti e fino a quando non ci riesce, continua
stoicamente a provare e riprovare. Ma ora, qualcuno mi spiega come
possono Brooke&Ridge sposarsi per l'ottava volta? Otto addii ai
celibati, otto marce nuziali, otto liste di nozze, otto ricevimenti,
otto viaggi di nozze, otto prime notti, otto suocere (è sempre la
stessa ma ripetuta otto volte), otto damine e paggetti che diventano
trentadue perché nel frattempo sono cresciuti, una decina di preti
(qualcuno sarà morto, o no?), otto location diverse, sedici
fedi da infilare all'anulare, otto Cadillac, otto set di barattoli di
latta da legare dietro alla Cadillac, insomma, un delirio continuo
nel quale l'otto continua a farla da padrone. Richard e Liz in
confronto erano dilettanti ma quella era la vita vera anche se, ad
ogni proposta, il buon Burton doveva sganciare un fottio di soldi per
diamanti sempre più grossi e costosi e spendere un patrimonio in
bourbon. Sono convinto che gli sceneggiatori di Beautifull siano
ormai a corto di idee anche se, invece di lanciare il messaggio che
l'amore è eterno, e quindi sono giustificabili anche otto matrimoni,
giocano ancora su complotti, piccole gelosie, rivalse da cucinare a
fuoco lento, tentativi malcelati di omologazione. Ma questa volta, in
camera da letto, Brooke&Ridge troveranno al posto dei fiori, un set
di pannoloni.
Nessun commento:
Posta un commento