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martedì 9 maggio 2017

Cornetto&Cappuccino. L'affaire monnezza


L'affaire monnezza

Dipende da dove lo si guarda, dalla prospettiva direbbe qualcuno. Per molti la monnezza è un problema, per altri è un affare. La fregatura è che spesso le cose coincidono e chi ci rimane turlupinato è sempre il povero cittadino che non sa dove buttare i rifiuti organici e inorganici che la sua casa produce. Negli anni, da quando i monnezzari si chiamavano monnezzari e non operatori ecologici, c'era un carretto che passava casa per casa raccogliendo sacchetti. In città, le casalinghe erano diventate talmente brave che i rifiuti li lanciavano direttamente dalle finestre, senza scendere in strada, centrando esattamente il carretto. “Cara hai buttato la monnezza stamattina?” chiedeva il marito apprensivo alla moglie. E la donna non faceva altro che, perfino con le spalle voltate alla finestra, le lanciava con una precisione millimetrica. Lo smaltimento non era un problema. Si bruciava tutto e la diossina imperava sovrana causando qualche danno.
Poi sono arrivati i camion, i cassonetti spesso lontanissimi, i centri-smaltimento differenziati, le discariche abusive e non, la monnezza tossica che inquina domineddio comportandosi peggio di Attila e la mafia e la camorra che hanno capito per tempo (lungimiranti come sempre), che si facevano più soldi con i rifiuti che con lo spaccio. L'odore maleodorante della monnezza, insomma, è entrato prepotentemente negli uffici dei sindaci e degli assessori ma, essendosi trasformato in denaro cash, per dare ragione al vecchio adagio, non puzza.
A Roma, per carità, ultimamente di affari sporchi non si parla e forse per questo le strade (come i cassonetti), sono pieni di monnezza. I topi sono una popolazione in crescita, le infezioni pure, le malattie respiratorie idem ma, per il delegato alla nettezza urbana capitolina, non c'è una vera e propria emergenza rifiuti, solo un attacco scriteriato della solita stampa sfascista e disinformata.
E se il governatore della Regione Lazio prova a dire che i mega-progetti vanno benissimo ma che la quotidianità è un'altra cosa, si sente rispondere “lavora ché non fai un cazzo tutto il giorno”.
Il problema, diciamolo, non riguarda solo Roma ma tutta, o quasi tutta, l'Italia. Le città sono per la maggior parte sporche e, anche se lo sguardo si allarga sul David di Donatello, è probabile che affianco trovi un sacchetto azzurrino per carta-legno-ferro-alluminio-caccavelle e putipù.
La monnezza è, e resterà sempre, la monnezza, una fonte inesauribile di guadagno che entra nelle tasche di pochi a fronte dei molti che devono conviverci. Anni fa, quando a Napoli arrivò la rivoluzione bassoliniana, ci capitò di vedere i negozianti che armati di scopa e di paletta, spazzavano davanti ai loro negozi. Il risultato fu che essendo tutti in fila, sul marciapiede ci si poteva mangiare. L'idea stessa di contribuire di persona alla pulizia della città, diventò un progetto. A volte basterebbe tornare al vecchio, caro “senso civico”.



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