Ci sta
salendo una rabbia dentro come raramente ci era accaduto in questi
anni parlando di politica. Rabbia per una banda di suonatori di
pifferi stonati che, spacciandosi per politici di razza, stanno
affossando un paese che è pur sempre uno degli otto al mondo e il
terzo in Europa. Rabbia per mummie che siedono sugli scranni dove si
decidono le sorti dell'Italia, ma loro giocano a Risiko. Rabbia per
l'incapacità di uscire da schemi vecchi come il cucco, quando
l'Italia avrebbe bisogno di uno scatto di fantasia e di vitalità
come mai era accaduto in precedenza. Rabbia, infine, e anche
delusione, per quello che poteva essere e non è stato per
scempiaggine e puro calcolo, per dispetto e ignoranza, per ripicche e
per quel senso di sentirsi onnipotenti pur essendo solo degli
inguardabili quacquaracquà. Tutti insieme allegramente sulla nave
che prenderà il largo per essere affondata alla prima mareggiata.
Tutti lì, a babordo, gli ornitorinchi della repubblica, le mezze seghe, le mignotte, i servi, i ragionieri, i geometri, gli evasori
fiscali, i portatori di conflitti di interessi enormi, gli
ineleggibili, gli indagati, gli avvocati, i medici specialisti e
generici, le visagiste, le igieniste, le suore, i frati, i preti, i
massoni, i banchieri e santiddio, manco un cassintegrato qualsiasi o
un iscritto alla Fiom. È l'ora della discesa in campo degli
sciacalli, degli avvoltoi, delle iene, dei paguri bernardi, delle
blatte e delle zecche, dei pidocchi e delle piattole, un esercito di
sanguisughe e di mangiapane a tradimento pronto a saltare addosso al
nemico (interno) di turno e farsi largo a colpi di punture e morsi. È
l'ora dei Renzi e dei Letta, degli Amato e dei D'Alema. Dentro ci
sono tutte le età, ma anche un tasso di machiavellismo
insospettabile, soprattutto in chi si dichiara (e anagraficamente lo
è), giovane. Il PD è una zattera in alto mare, una carretta nel
Canale di Otranto, un boat-people sul Pacifico che dal Vietnam va
verso l'Australia. Sembra più la nave dei disperati che un partito,
perché sulla nave dei disperati ci si da una mano, nel PD ci si
scorna. Con chi Renzi governerà questo paese non si sa, forse con un
po' di deputati del Pdl prestati per l'occasione. Ma la rabbia
maggiore è nei confronti del Movimento 5 Stelle. Quando tutti
dicevano che con il muro contro muro Grillo avrebbe raggiunto la maggioranza
assoluta alle prossime elezioni, noi ci siamo limitati a dire che non
sarebbe stato così, che gli italiani volevano e vogliono soluzioni, non prospettive future. La fame è oggi, si campa alla giornata,
domani chissà. Grillo non lo ha capito. Travolto dalla valanga dei
consensi che ha preso, e che lo hanno portato a essere il primo
partito per voti espressi in Italia, si è fatto prendere dal delirio
di onnipotenza, quando avrebbe dovuto sedersi e riflettere, tanto,
profondamente, intimamente, magari con il papà di Gaia che avrebbe potuto smettere per un quarto d'ora di smanichettare l'ultimo
videogame 3D. La riprova? Le elezioni in Friuli. Ieri. Nonostante il
massiccio intervento di Grillo, che ha parlato perfino alle montagne,
il M5S ha subito un tracollo perdendo quasi la metà dei voti presi
alle politiche. Ha rivinto il partito dell'astensionismo (più 20 per
cento) che qualcosa dovrà pur dire. Ma ha (anche) vinto la
Serracchiani, giovane e limpida pidina, che ha battuto il candidato
del Pdl pure se per un pelo. Anche questo qualcosa dovrà pur dire.
Grillo ha avuto la possibilità di cambiare l'Italia, non lo ha
fatto, ne pagherà le conseguenze, perché questi quattro barboni
della politica che ci governeranno, lasceranno decantare il suo
Movimento, lo relegheranno in un angolo e non serviranno a nulla le
chiamate di piazza: la gente vorrà tornare a mangiare ieri e
non dopodomani. Peccato, la più grande occasione persa negli ultimi
150 anni, di mandare a casa Berlusconi, di ridurre definitivamente
allo stato di pensionato D'Alema, di non considerare un giurista
Violante, di far rientrare Brunetta al circo e Cicchitto in cantina a
travasare il vino con il cappuccio bianco in testa. Peccato perché
nella trappola mediatica e nella rabbia attoriale di Grillo ci siamo
caduti anche noi. A questo punto, la voglia di imitare Muzio Scevola che ci era venuta
dopo aver votato Di Pietro, con Grillo sta diventando un gesto da nemesi. E meno male che Nichi tiene duro. Almeno lui.
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