La
democrazia in Rete è un rischio. Non è una novità. Non scopriamo
l'acqua calda. Lasciamo stare le inveterate e le prediche, i
discorsoni e le battute da bar, parliamo di cose più serie: i conti
correnti nelle banche, i segreti inconfessabili di stato, gli archivi
della Cia e del Mossad, le pianificazioni terroristiche di Al Qaeda, le
oscillazioni dei titoli di borsa, la variazione del prezzo del succo
d'arancia, le votazioni per scegliere candidati e capi. Ieri è
successo un fatto spiacevole. Il M5S ha dovuto annullare le
“Quirinarie” per un difetto tecnico: un presunto attacco hacker,
ha prontamente scritto Beppe Grillo sul suo blog. Ovviamente l'altra
Rete, quella che non ha avuto accesso alle consultazioni on line, si
è divertita a sbeffeggiare i grillini, riempiendoli di battutacce e
di spernacchiamenti che sono andati dal “Compratevi un antivirus”
al “C'è sempre un nerd più nerd di voi” per finire con “Ma
che vi ha attaccato la Corea del Nord?” Ora, se non fossimo stati
fra gli artefici del successo del M5S alle ultime elezioni, ci
saremmo anche noi divertiti a prendere in giro la poderosa macchina
informatica della Casaleggio Associati. Però, siccome ci sentiamo
responsabili di un mezzo disastro, ci permettiamo una paio di
considerazioni che non vogliono essere un atto di accusa nei
confronti di nessuno. La prima è che non è vera la storia
dell'attacco hacker e, soprattutto, non è vero quanto affermato da
Beppe Grillo sul suo portale, e cioè che la società di
certificazione olandese chiamata a verificare l'esito del voto
virtuale, abbia avallato l'ipotesi dell'attacco. La società
olandese, nel suo rapporto, ha parlato infatti di “discrepanze”
fra i voti giunti e i votanti, che è cosa ben diversa dal massiccio
intervento di rompicoglioni seduti davanti alla tastiera di Hal.
Responsabile di tutto l'apparato elettorale è, come abbiamo scritto,
la Casaleggio Associati, fatto che un po' ci stupisce, un po' ci
rammarica e un po' atterrisce perché, quanto meno, è possibile accusarla di
pressappochismo e di impreparazione. L'altra considerazione, invece,
ha una chiave di lettura più politica: qualcuno ventila l'ipotesi che i voti
arrivati non fossero in linea con i desiderata dello stesso
Casaleggio e che, il teorico di Gaia, si sia inventato di sana
pianta un attacco in realtà mai avvenuto. Se fosse valida questa
seconda ipotesi, le domande che verrebbero fuori sarebbero davvero
tante, mentre non nascondiamo che potremmo anche essere colti dalla
sindrome di Muzio Scevola. Che senso avrebbe, militare in un partito
che trucca i voti dei suoi iscritti e, soprattutto, in un partito che
fa della trasparenza (degli altri) il suo massimo credo? Speriamo,
insomma, che qualcosa si sia tecnicamente inceppato, perché se così
non fosse, ci chiederemmo il motivo dell'esistenza in vita di Vito
Crimi e di Roberta Lombardi. E passiamo finalmente a Stanlio&Ollio.
Certo che Prodi e D'Alema si odiano in modo inverecondo. La storiella
del gatto e del topo o quella del cane e gatto, a loro fa una pippa.
Romano e Baffetto si odiano da sempre, questione di incompatibilità
di carattere. Il fatto è che Prodi, nel bene e nel male, come ha
detto Marco Travaglio riferendosi al primo governo del Professore, ha rappresentato l'unico
politico decente degli ultimi venti anni. Ha vinto le elezioni perché
ha preso più voti, ha fatto il presidente del consiglio perché è
risultato il più votato dalla gente, ha battuto, secco, Berlusconi
due volte su due: un record. Quando ha finito il suo percorso di
presidente del consiglio (tradito dai suoi), Prodi ha ricevuto
offerte di lavoro da tutto il mondo e da parte dei più prestigiosi
consessi mondiali (Onu compresa). Alla fine, ha deciso per un
impegno diretto per l'Africa sotto le insegne delle Nazioni Unite,
insomma, Prodi in Africa c'è andato davvero nonostante non lo avesse
dichiarato. D'Alema, poverino, terminato il governo di altissimo
profilo con Kossiga e Mastella, le ha tentate tutte credendo di
essere diventato uno statista. Gliene fosse andata bene una... Così,
da ministro degli esteri europeo in pectore, ha finito per sedersi
sulla poltrona di presidente del Copasir, prendendo il posto di un
altro grande statista: Francesco Rutelli. Ancora una volta, la storia
patria li ha messi uno di fronte all'altro, uno contro l'altro,
D'Alema e Prodi. Obiettivo: il Quirinale. Non ci riuscirà nessuno
dei due, ma almeno Baffetto non dovrà stringere la mano a un
presidente della repubblica che non ha mai amato, anzi... Purtroppo i
due non possono essere paragonati neppure a Totò e Peppino ma, al
massimo, a Gastone e Paperino. Ovviamente, per l'assegnazione dei
ruoli, ci si potrebbe rivolgere alla Casaleggio Associati.
Nessun commento:
Posta un commento