C'è
riuscito un comico a spazzar via il partito che non c'è. Si era
capito subito. Dai “no” a Bersani, che non erano “no” al PD
ma proprio a Bersani, all'inserimento di Rodotà e Prodi nell'elenco
dei “quirinabili”, Grillo ha fatto la sua parte denotando
tutt'altro che sprovvedutezza. Il ragionamento è stato semplice: far
esplodere le contraddizioni nel PD, significa farlo scindere. Le due
anime, più una terza dal vago sapore diabolico, avrebbero preso a
quel punto, strade diverse e in campo sarebbero rimasti in due, lui e
Berlusconi, ma con una buona parte dell'elettorato del PD che avrebbe
scelto lui, il comico portavoce del fantastico e un po' funereo mondo
di Gaia. Il PD, travolto dai suoi stessi, arcaici, protagonismi
interni, è imploso vittima di una strategia che, qualsiasi risultato
avesse avuto, lo avrebbe portato allo sfascio. Errore madornale, la
scelta di Marini. E a Bersani, i “diabolici” di cui sopra,
gliel'hanno lasciata fare senza colpo ferire: Marini sarebbe affogato
da solo. Fatto fuori il candidato “condiviso”, anche per una non
troppo inaspettata rivolta di piazza, l'unica proposta apparentemente
riunificante, era quella di Romano Prodi, il personaggio
“guardabile” rimasto della vecchia guardia. Il Professore però, che
conosce le strategie dei “diabolici”, se n'è rimasto in Mali.
Lui, che tirava un'aria sulfurea da Faust, l'aveva sentita a naso,
nella sua camera d'albergo. E Prodi ha fatto la fine che, sempre i
“diabolici”, avevano pianificato a tavolino: impallinato ad
altezza d'uomo o, se preferite, come disegnano oggi quelle personcine
educate e mai volgari di Libero, con il culo a 90 gradi. Piergigi,
vittima di quelli che lo avevano portato per mano alla segreteria del
partito, ha mollato, e ha mollato anche Rosy Bindi, per la serie la
coerenza non è sempre una gran puttana. Ricompaiono, uscendo dalle
zone buie nelle quali si erano andati a infilare, indovinate chi?
Amato e D'Alema. Uno, il dottor Sottile, pensionato a 31mila euro al
mese, stratega di livello che manco West Point, aveva continuato a
fare il topo, ma mai in trappola. L'altro, il Baffetto con il
cervello circonciso, alunno della scuola superiore delle Frattocchie,
inculatore recidivo del Professore bolognese ma, a sua volta, vittima
sacrificale delle inculate di Silvio (un protagonista passivo del
Bunga Bunga), è uscito un po' più allo scoperto, manovrando con
accortezza i voti dei suoi. Dove i due galantuomini volessero andare
a parare, si è capito ieri. Entrambi potrebbero essere eletti
spacciandosi per candidati “condivisi” (ma più dal Pdl che dal
PD), entrambi sono nelle condizioni, una volta eletti, di nominare
Silvio senatore a vita e toglierlo, definitivamente, dalla scena
politica con in mano il passaporto dell'impunità perenne. Altro che
presidenza della repubblica (sette anni), altro che presidenza del
Senato (cinque anni), Silvio punta a restare fuori di galera. E
Baffetto ci sta, e Amato pure. Loro, di pelo sullo stomaco, ne hanno
a quintali. A Massimo D'Alema c'è da dare atto di aver capito prima
degli altri, che la fondazione del PD era una stupidaggine. Da sempre
contrario, lo skipper Baffetto ha fatto di tutto perché l'idea
stessa di un partito democratico, venisse relegata nell'ambito delle
utopie. Si è messo di traverso perché, ritenendosi patologicamente
il migliore manco fosse Togliatti, non sopportava che qualcuno lo relegasse in un angolo. Solo che, sempre lo skipper di cui sopra, non
godeva, né gode, di nessun prestigio personale in Italia e in Europa.
D'altronde, come può averne un politico di sinistra che silura un
governo di centrosinistra, quello di Prodi, alleandosi con Kossiga e
Mastella? Così, giornalisticamente parlando, prendiamo atto che il
PD non esiste più. Che i vecchi funzionari del PCI, rimasti
saldamente in sella per anni, lo hanno ucciso freddamente, con un
cinismo incomprensibile se non letto attraverso la logica del
mantenimento dello status quo e dei tanti privilegi ancora rimasti.
Dai sindaci di paese a quelli di città, dai presidenti delle
province a quelli delle regioni, i vecchi dell'apparato di Botteghe
Oscure, hanno combinato sconquassi tali che non potevano che fare la
fine degli esseri in via di estinzione; avvertenza per l'uso, non
chiediamo, per favore, a quelli del WWF di tenerli in vita. Il leader
di tale compagine è Massimo D'Alema che sta cercando, con le unghie
e con i denti e con l'amicizia sempiterna di Silvio, di resistere
ancore sette anni pagato profumatamente non più dal partito ma dagli
italiani e poi via, senatore a vita e gite in barca con Berlusconi e
qualche mignotta. Perché vedete, per Baffetto, il Quirinale sarebbe
una sorta di rivincita finale. Nei confronti di Veltroni che ha
sempre odiato, di Prodi che ha sempre detestato, e di tutti quelli
che, dentro il partito, lo vedevano più attaccato al timone di
Ikarus che su una poltrona qualsiasi a comandare. Alla fine sarà
D'Alema, a meno che non intervenga la Deutsche Bank, allora Mickey
Mouse potrebbe farcela ancora.
Il tuo pezzo di ieri era profetico. Purtroppo.
RispondiEliminaVania