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giovedì 4 aprile 2013

Finita la tregua nel Pd. Matteo torna nella pugna e Bersani gli propone una missione internazionale... a Guam.


Se uno è morto ha bisogno necessariamente delle esequie. Non abbiamo mai visto un morto che si infila nella bara da solo, si fa la cerimonia funebre e si tumula. Probabilmente, un morto simile non avrebbe potuto inventarlo neppure Edgar Allan Poe, perché il Parlamento italiano non è la bostoniana Casa Usher. Perfino agli ergastolani defunti si fanno i funerali, perfino ai clochard a spese del comune, perfino al peggior violentatore dell'universo. I funerali dei dittatori assumono, spesso, la solennità del fatto storico, e ai torturatori, anche se in tono dimesso, una degna sepoltura viene comunque concessa. Tutto questo preambolo per dire che riconosciamo a Beppe Grillo la paternità della frase “I politici sono tutti morti” e che, proprio per questa ragione, umanamente, una mano a entrare nella fossa avrebbe potuto dargliela ai politici defunti, piuttosto che lasciarli all'aria aperta a finire spolpati dagli avvoltoi e dalle iene. Cosa sarebbero state, se non dolci accompagnamenti nell'aldilà, le leggi sull'ineleggibilità, sul limite dei mandati, sulla riduzione delle prebende, sull'eliminazione totale dei privilegi, sulla fine dei vitalizi, sul falso in bilancio, sulla corruzione, sulla malversazione, sul falso ideologico, sull'inquinamento, sull'omofobia, sul diritto di cittadinanza se non la pietra tombale di una politica che ha stancato (eufemismo) tutti? Invece no, Beppe preferisce le carogne al pascolo e il colpo di grazia alla nuca, un po' violento come scenario, ma efficace. Però, siccome non tutti i grillini sono affetti dalla sindrome di Charles Bronson, iniziano a manifestarsi le prime crepe e spunta, come il sol dell'avvenire, la parolina magica “legalità” che sembra avere quasi un effetto collante. Resta il fatto che non si è mai visto un capogruppo (o portavoce) che, nel giro di pochi minuti, sia stato smentito dal capo del suo partito (questo è il M5S nonostante le norme del non-statuto) e non si sia dimesso. L'impressione è che la capacità decisionale dei grillini, la loro autonomia, anche di pensiero, sia pari a zero, e che non ci sia solo un capo unico e riconosciuto, ma anche un pensiero unico il che, se permettete, è quanto di più pericoloso possa esistere. Fuori dai denti. Silvio, nonostante i voti riportati alle ultime elezioni, era un politico morto. Abbiamo visto cadaveri in forma migliore, nonostante i sorrisi, gli occhiali da sole, l'uvite. Grillo è riuscito a compiere l'ennesimo miracolo nei confronti di un uomo che non si sa più cosa occorre fargli per toglierlo di mezzo dalla scena politica. Lo ha riesumato, come hanno fatto tutti quelli (di sinistra) che in questi anni hanno giocato al gatto con il topo, non capendo di essere i topi. E lo ha detto anche Matteo Renzi, pronto a sacrificarsi, poverino, per il bene della patria, liquidando Tentenna-Bersani e alleandosi da qui all'eternità con Silvio. Lo ha cantato, con voce da Cappella Sistina, chiaro e tondo a casa della Cgil, ieri, a Firenze. “Stiamo perdendo tempo. Fanculo Grillo. Torniamo a votare. Io sono pronto. Non mi faccio dettare l'agenda da un comico. Preferisco allearmi per il bene del paese e del lavoro, con quelli del Pdl che, almeno, mi hanno ospitato a pranzo ad Arcore”. Matteo ha rotto la tregua e, per molti versi, ha ragione. Bersani si è trasformato in una spirale, nella speranza di avviluppare in qualche modo Grillo e i suoi, e forse c'era anche riuscito, per capirlo sarebbe stato sufficiente mandarlo in Parlamento. Ma poi è arrivato il Re che ha deciso di nominare la sua personalissima corte. Il presidente Napolitano non può meravigliarsi della reazione insofferente dei partiti, i tecnici bastano una volta, una seconda non ci cascherebbero più neanche gli asini, pure se con la tessera del Pdl in tasca. Così, ascoltate le variazioni sul tema del giovin signore fiorentino, la segreteria del Partito Democratico ha deciso, all'unanimità, di proporgli una missione internazionale, con biglietto di sola andata, che lo accrediti agli occhi del mondo come prossimo premier italiano. Lo spediscono a Guam, località sulla quale ha messo gli occhi anche Kim Jong Un, deciso a sperimentarla come isola dove verificare la gittata dei suoi missili nucleari. 

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