Povero
PD, che fine miserrima! È talmente messo male che ora anche il
destino si fa cinico e baro e... ruzzola. Il PD rotola, rotola, come
la trottola di Gianni Meccia. Travolto dalle sue stesse timidezze,
dall'ansia di protagonismo dei suoi dirigenti, da quella pletora
fantastica di ideologi che si ritrova, il PD sembra essere stato
pizzicato dalla tarantola. Non a caso Massimo Bray è stato imposto
da D'Alema come ministro della cultura. Forse stordito dal ruzzolone
di cui è stato vittima ad Avellino, Guglielmo Epifani, ieri, ne ha
dette e fatte più di Carlo in Francia. Se l'è presa con tutti
(quelli di sinistra ovviamente, con gli altri è in corso la
pacificazione e quindi, meglio non disturbare). Ha iniziato
attaccando il sindacato, in particolare la Fiom che lo aveva accusato
di aver disertato Piazza San Giovanni. Lui, il neo segretario
traghettatore, la vede in un modo. Noi, dopo Brescia, la vediamo in
maniera diametralmente opposta. Non diciamo che una delegazione
ufficiale del PD alla manifestazione sul lavoro, avrebbe risollevato
le sorti del partito, ma almeno avrebbe fatto capire ai militanti che
un po' di anima di sinistra da quelle parti vive ancora. Invece
l'Epifani barcollante, e cadente, non ha perso l'occasione per
attaccare tutte le anime della sinistra accusandole addirittura di
fellonia. Continua a difendere a spada tratta il LettaLetta I e,
anche se Berlusconi si piglia tutti i meriti dei populismi e lascia
al PD le colpe dei tagli e delle tasse, dice: “La nostra si chiama
responsabilità”, a noi sembra un suicidio in piena regola, ma è
solo una questione di prospettiva. Ma la perla vera, Epifani l'ha
tirata fuori dall'ostrica quando ha parlato del rapporto con Sel e
con Nichi Vendola. Ergendosi a paladino di tutti i cuor di leone
italiani, Guglielmo, che non si chiama Riccardo, ha detto: “Non mi piace la sinistra che
scappa”. E in questa frase sono condensati i motivi di tutte le
sconfitte della sinistra negli ultimi venti anni. Il PD non è mai
scappato, anzi. È rimasto ferocemente abbarbicato ai suoi scranni e
alla sue piccole rendite di minoranza, con la caparbietà dei cafoni
siloniani. Quando qualcuno gli faceva notare che non aveva proposto una
legge sul conflitto d'interessi, sulla ineleggibilità di Berlusconi,
contribuendo addirittura a meglio riformulare le leggi ad personam,
la giustificazione ufficiale del PD è sempre stata quella della
“pace sociale”. Secondo Luciano Violante (e non solo lui), una
legge contro Silvio avrebbe imbarbarito il Paese e così, anno dopo
anno, l'Italia e gli italiani sono stati fagocitati da quell'immenso
tritacervelli che chiameremo, per brevità, berlusconismo. Dopo
aver fatto scempio del patto con gli elettori, andando a governare
con il nemico di sempre, Epifani ha dato dei vigliacchi a quelli di
Sel e del M5S e li accusati, paro paro, di fuga precipitosa dalle
responsabilità. Ora, chi abbia lapalissianamente tradito il patto
con gli elettori, crediamo sia un fatto assodato, quello che sconvolge però, è che Epifani, appena eletto, abbia già dato ampia dimostrazione
della temuta svolta “centrista” del Partito Democratico. Ma ieri
è stata la giornata della summa delle correnti pidine. È tornato
Vuolter con la solita palla della “sinistra che vorrei”. Ma che
cazzo di sinistra vuoi, tu, che ti sei fatto mangiare da Berlusconi
in un boccone? Tu che per una intera campagna elettorale hai fatto
finta che Silvio non esistesse mentre ti centrava ogni giorno con
colpi di bazooka chirurgici? E poi quell'altro, il sindaco di
Firenze, che intervistato da Mario Calabresi al Salone del Libro, ha
detto “Io non sono antiberlusconiano”, poi, rendendosi conto di
averla detta grossa dal gelo che si era creato in platea, ha cercato
di farfugliare una risposta che nessuno ha capito. Non ci credete?
Andate sulla webtv della Stampa e riascoltatelo, roba da infuocare il
sangue nelle vene. Matteo Renzi ha comunque annunciato che a ottobre
non si presenterà candidato alla segreteria del PD. La ragione è
semplice, a ottobre Matteo sarà a Palazzo Chigi.
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