Non si
può dire che Silvio e Giulio non abbiano mai mangiato insieme, anzi.
Poi a volte le amicizie nascono così, perché si è amici degli
amici, un po' come su Facebook. Funziona in questo modo: “Io sono
amico di Craxi, Craxi è amico tuo, io sono amico tuo”, i
sillogismi non c'entrano una mazza, è una questione di rapporti. È
iniziata, post-mortem, la beatificazione di colui che andava a messa
per parlare con il prete: “Dio non vota – diceva a De Gasperi che
lo vedeva sempre distratto durante la celebrazione – il prete sì”.
E la vita e la politica di Giulio si sintetizzano con una frase.
Andreotti è uno che se n'è andato portandosi appresso 70 anni di
segreti di storia patria. Furbo com'era, è possibile che abbia
lasciato i suoi misteri nascosti da qualche parte. Giulio era un
grafomane quindi, siamo convinti che da puntiglioso qual era, abbia
scritto cose e fatti che noi umani non possiamo
neppure immaginare. Omaggio al Divo, stasera da Vespa. Omaggio al Divo su
quasi tutte le reti berlusconiane (Italia1 è impegnata con
“Calzedonia Sum”). Omaggio al Divo sulle reti Rai e sui principali
organi si stampa che, come per Kossiga, misurano le parole con il
bilancino, dicono e non dicono, tacciono, occhieggiano e ammiccano,
celebrano il “grande statista, ma...” e su quel “ma” uno può
fare tutte le congetture che vuole. Riaffermiamo, con la coerenza che
ci caratterizza, che i morti non sono tutti uguali. La morte di
Andreotti non può essere paragonata in nessun modo a quelle di
Falcone e Borsellino e neanche, per dirla tutta, a quella di Salvo Lima.
Solo che non ce la sentiamo di unirci al coro delle celebrazioni, non
lo facciamo per i vivi, figuriamoci per i morti. Siamo cinici? Mah,
forse un po'. Il fatto è che subito dopo l'annuncio della dipartita
di Giulio, siamo andati a ritrovare le motivazioni della sentenza di
condanna (poi prescritta, che non significa innocenza), del tribunale
di Palermo, al termine del processo che lo aveva visto imputato per
collusione con la mafia. Scrissero i giudici: "Il
senatore Giulio Andreotti (...) ha avuto piena consapevolezza che i
suoi sodali siciliani intrattenevano amichevoli rapporti con alcuni
boss mafiosi (...) ha quindi a sua volta coltivato amichevoli
relazioni con gli stessi boss, ha palesato agli stessi una
disponibilità non meramente fittizia, ha chiesto favori, li ha
incontrati, ha interagito con essi, ha indotto i medesimi a fidarsi
di lui e a parlargli anche di fatti gravissimi come l'assassinio del
presidente della regione Piersanti Mattarella, nella sicura
consapevolezza di non correre il rischio di essere denunciati".
A volte le parole pesano come macigni, con le parole si ammazza
perfino, ferisce quasi sempre.
Nel
frattempo, al suo amicone Silvio, anche lui frequentatore di amici
degli amici, la Corte di Cassazione ha negato il trasferimento dei
processi che lo vedono coinvolto, da Milano a Brescia. Longo e
Ghedini ci avevano provato, sollevando il “legittimo sospetto” di
condizionamenti dei quali sarebbero vittime i giudici del processo
Mediaset e Ruby. La Suprema Corte, oggi, ha finalmente stabilito che:
“Si rigetta la richiesta di remissione e condanna il ricorrente al
pagamento delle spese processuali”. Oltre il danno, quindi, anche
la beffa, Silvio dovrà pagare le spese per un procedimento ritenuto
vacuo. Inutile dire che Ilda Boccassini si è ripresa
immediatamente dall'attacco di nervi che l'aveva colta quando era
girata la voce che Silvio avrebbe presieduto la Circonvenzione. Gente
che va, gente che viene. Gente che vive e che sopravvive. Gente che
si suicida e gente che muore di morte naturale. Alla fine tutti
dobbiamo morire. La speranza è che almeno dall'altra parte ci sia 'a
livella. Sennò sai che fregatura.
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